Esperti al lavoro per autopsia sui capodogli : gas nel sangue, la causa gli air-gun del petrolio
Sessanta persone impegnate da questa mattina negli esami ai tre cetacei morti. Si tratta di tre femmine tra i 7 e i 9 metri di lunghezza. Uno degli esemplari era in attesa di un piccolo.
La necroscopia è coordinata, nella zona interdetta dalla notte, da Sandro Mazzariol del Cert di Padova, affiancato da esperti della stessa università, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale d’Abruzzo e Molise Giuseppe Caporalè e del Centro studi Cetacei onlus.
La presenza di gas nel sangue dei capodogli è stata messa in correlazione con le attività di ricerca petrolifera. “Tecniche come l’air-gun producono un rumore fortissimo che spaventa e disorienta i capodogli. Questo trauma porta i cetacei a una riemersione troppo rapida, la cui conseguenza è la permanenza di gas nei vasi sanguigni. È simile a ciò che accade ai sub colpiti da embolia in seguito a una mancata decompressione”.
Vasto – Importanti novità si attendono nelle prossime ore dall’esame necroscopico sulle carcasse dei capodogli morti a Punta Penna. Un primo colpo di scena ribalta le notizie diffuse nella giornata di venerdì 12 settembre: gli esemplari morti sarebbero 3 femmine, di cui una avrebbe raggiunto la maturità sessuale e sarebbe in attesa di un piccolo.
Lo ha rivelato Vincenzo Olivieri, presidente del Centro nazionale Studi Cetacei onlus. «È una notizia sensazionale anche dal punto di vista della ricerca scientifica. L’equipe che è al lavoro ha estratto da una delle tre femmine, un feto che si stima di 4 o 5 mesi. Sarà destinato al Museo del Mare di Pescara».
«È un lungo lavoro e complesso ma siamo nelle condizioni – spiega il professor Mazzariol, incaricato di eseguire gli accertamenti – di poter operare a poche ore dal loro decesso. Potremmo così anche verificare l’orecchio dei capodogli per capire se hanno subito delle lesioni ai timpani. Sicuramente ci sono stati elementi di disturbo che hanno prodotto il disorientamento dei cetacei».
Dalle prime risultanze, arrivate nel pomeriggio dopo ore di lavoro, si apprende della presenza di gas nei vasi sanguigni dei tre capodogli, probabile conseguenza di una riemersione troppo rapida, la cui causa potrebbe essere un trauma improvviso come quelli provocati dalle attività di prospezione con tecnica air-gun.
Vincenzo Olivieri del Centro studi cetacei onlus spiega che «la presenza di gas vuol dire che quanto accaduto potrebbe essere messo in correlazione con le attività di ricerca petrolifera. Tecniche come l’air-gun producono un rumore fortissimo che spaventa e disorienta i capodogli. Questo trauma porta i cetacei a una riemersione troppo rapida, la cui conseguenza è la permanenza di gas nei vasi sanguigni. È simile a ciò che accade ai sub colpiti da embolia in seguito a una mancata decompressione».
Biologi marini e patologi da tutto il mondo sono arrivati a Punta Penna per capire cosa sia successo venerdì – 12 settembre 2014 – nella spiaggia che proprio quest’anno si era fregiata del vessillo di terza migliore d’Italia. La passione e la dedizione di centinaia di volontari è riuscita a salvare ben 4 capodogli dei 7 spiaggiatisi: risultato insperato, sia per i precedenti molto meno fortunati, sia per per le premesse ad inizio giornata, quando sembravano spacciati tutti gli esemplari di cetacei ritrovati a riva.
Mazzariol, direttore del Centro per la necroscopia dei cetacei dell’università di Padova, sta eseguendo da questa mattina le indagini necroscopiche sui corpi dei mammiferi.
La Protezione Civile e i mezzi inviati dal Comune di Vasto hanno lavorato per tutta la notte per il recupero dei 3 corpi dalla battigia (erano arenati a circa 10 metri da riva).
Solo all’alba si è riusciti a concludere le operazioni col trasferimento sulla spiaggia dell’ultimo animale.
Poco dopo sono arrivati gli esperti per gli esami scientifici: oltre al team di Padova, partecipa la Fondazione Cetacei di Riccione, i responsabili dell’Istituto Zooprofilattico di Abruzzo e Molise, esperti delle facoltà di Veterinaria da Teramo e da altre università italiane e, intorno alle 12, sono giunti anche patologi dall’università di Gran Canaria, dalla Spagna. Sono stati ammessi anche molti studenti delle facoltà di veterinaria e biologia, debitamente muniti di tutine sterili, guanti e occhiali di protezione: questo dramma ha delle ragioni precise e diventa anche un’occasione formativa per chi sta compiendo questo percorso di studi.
Già venerdì sono finiti sotto accusa le fonti di inquinamento acustico nei mari: i capodogli, come tutti i cetacei, utilizzano un raffinato sistema di trasmissione e ricezione di onde sonore per scandagliare il fondale e per orientarsi per i propri spostamenti.
È noto che molte specie appartenenti all’Ordine Cetacea sono particolarmente sensibili a forti emissioni acustiche, quali quelle generate dai sonar militari e dagli air-gun, le quali vanno sommate al rumore di fondo sottomarino e a quello generato dal normale traffico marittimo. Zifii (Ziphius cavirostris) e Capodogli (Physeter macrocephalus) sono tra le specie più sensibili e possono subire effetti negativi che vanno da disagio e stress, fino al danno acustico vero e proprio, con perdita di sensibilità uditiva che può manifestarsi come temporanea o permanente.
Se fosse accaduto questo ai 7 esemplari spiaggiati ieri (ma anche ad uno solo di essi, in quanto si tratta di animali sociali che non abbandonano i componenti del branco in difficoltà), il team del professor Mazzariol si troverebbe ancora in condizione di poterlo verificare perché i processi putrefattivi, a meno di 24 ore dal decesso, non ancora si innescano.
Questo tipo di emissione acustica può far impaurire e stordire gli animali sino ad indurli a un’emersione rapida ed improvvisa senza adeguata decompressione, con conseguente morte per la “gas and fat embolic syndrome”, ossia morte per embolia. L’esposizione a rumori molto forti inoltre può produrre anche danni fisiologici (emorragie) ad altri apparati, oltre a quelli uditivi, fino a provocare effetti letali. Anche queste lesioni potrebbero essere ravvisate dal team di esperti con ragionevole chiarezza, attraverso l’esame interno delle carcasse.
Molte specie di Cetacei presenti nel Mediterraneo ogni anno subiscono un impatto notevole per le collisioni con le navi, che costituiscono una minaccia costante tra le principali cause di morte di origine antropica. La balenottera comune (Balaenoptera physalus) e il Capodoglio (Physeter macrocephalus) sono tra le specie inserite nella Red List dell’IUCN (International Union for Conservation of Nature), rispettivamente come In pericolo (Endangered) e Vulnerabile (Vulnerable). Questo dato sottolinea ancora una volta quanto preziosa e straordinaria sia stata l’attività dei 150 volontari che sono intervenuti per salvare questi animali da morte certa.
La zona, su disposizione del sindaco Lapenna, è stata messa in sicurezza: la spiaggia è inaccessibile dalla serata di ieri, ma sulla collina alle spalle del litorale centinaia di persone stanno stazionando per assistere ad una delle più delicate indagini mai realizzate in Italia. Sembra il set di una puntata di CSI, ma l’aria che si respira è di grande tensione: tra chi assiepa la staccionata in legno che separa dalla spiaggia c’è gente che venerdì era “guancia a guancia” con questi immensi animali, che ha fatto di tutto per salvarli e che ha gioito per quelli liberati e sofferto per l’unica che ha smesso di respirare davanti a tutti.
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