La mela OGM canadese potrebbe arrivare in Italia
L’accordo con il Canada prevede l’abbattimento delle barriere sull’agroalimentare.
Il trattato CETA tra Canada e UE attende solo l’ok del Parlamento. Dopodiché, diversi prodotti, tra cui la mela OGM, potranno entrare in Europa.
Ricordate la mela OGM che non imbrunisce mai? Beh, quella mela potrebbe presto arrivare anche in Europa, e di conseguenza in Italia.
Le barriere all’ingresso degli organismi geneticamente modificati possono essere aggirate da una clausola contenuta nel trattato CETA, un accordo bilaterale di libero scambio firmato da Canada e Commissione Europea, che per entrare in vigore attende soltanto il via libera del’Europarlamento.
La votazione non si prevede prima di inizio 2016, ma questo ad oggi non esclude affatto l’accesso degli OGM nordamericani ai mercati europei.
OGM in Europa: è davvero possibile?
Queste notizie spesso contengono una buona dose di allarmismo e di sensazionalismo, ma in questo caso esistono fatti incontrovertibili.
È un fatto, ad esempio, che il governo Harper abbia dichiarato che l’accordo CETA sul commercio e gli investimenti «migliorerà l’attuale forum Canada-UE per la discussione sulle biotecnologie, e sottolinea la promozione di efficaci processi di approvazione basati sulla scienza e la cooperazione in presenza di basso livello di colture geneticamente modificate.
Il CETA comprende anche disposizioni per affrontare le barriere non tariffarie dell’UE, come quelle relative alla sicurezza alimentare degli animali e la salute delle piante.
Inoltre, il CETA istituisce un meccanismo in base al quale il Canada e l’UE coopereranno per discutere e cercare di prevenire o eliminare le barriere non tariffarie che possono sorgere per le esportazioni agricole».
Il linguaggio politichese si traduce dipanando due costrutti tipici della retorica americana: le “barriere non tariffarie” e i “processi di approvazione basati sulla scienza”. Le prime sono nient’altro che regolamenti e standard di qualità che tutelano prodotti o servizi. Il contratto nazionale di lavoro è una barriera non tariffaria, allo stesso modo della normativa sulle acque, così come il tetto ai pesticidi nei prodotti agricoli.
Da noi, queste “barriere”, sono più alte rispetto al Canada. Lo dimostra il fatto che una mela OGM non può essere venduta. Queste soglie sono figlie del principio di precauzione che dovrebbe regolare la politica europea dal Trattato di Lisbona.
La massima che il principio esprime è: “better safe than sorry”. Gli americani, canadesi compresi, utilizzano invece procedure contrarie: le autorità di regolamentazione, in Nord America, assumono che gli organismi geneticamente modificati siano “sostanzialmente equivalenti” rispetto agli altri.
Le verifiche si fanno ex post, non prima di commercializzare il prodotto, che raggiunge il mercato molto più in fretta.
Il principio di precauzione allunga il processo, perché serve allo scopo di salvaguardare il più possibile la salute dei consumatori. Ma questa pratica è osteggiata dalle aziende americane, e se lo scopo dei trattati come il CETA è creare una corsia preferenziale per il libero scambio tra Europa e Canada, tutto ciò che rallenta il flusso di merci rappresenta un ostacolo da rimuovere.
L’accordo va esattamente in questa direzione, perché contiene al suo interno tutte le mine per far saltare le barriere non tariffarie e promuovere l’armonizzazione dei regolamenti: un’armonizzazione che prevede di tarare gli standard europei su quelli canadesi, più bassi e meno d’intralcio al libero commercio.
Chi non si adegua finisce in tribunale
Un altro fatto, è l’imminente aumento delle mele del Canada sui mercati europei. Se il CETA verrà ratificato ed entrerà in vigore fra meno di un anno, il 9% delle tariffe stagionali che l’UE applica sulle mele canadesi sarà ridotto a zero. È previsto dallo stesso trattato.
Questa ondata di frutta americana potrebbe tranquillamente portare con sé anche la mela OGM tanto discussa.
E agli Stati membri dell’Unione Europea non conviene mostrarsi troppo recalcitranti. All’interno del CETA, così come del TTIP (analogo accordo commerciale che la Commissione negozia con gli Stati Uniti), è stata inserita la clausola ISDS. Si tratta di un meccanismo che permette agli investitori esteri di fare causa ai governi che ne minano i profitti, anche solo potenziali.
Le udienze si svolgono a porte chiuse, dinanzi a corti di arbitrato sovranazionali che surclassano la giurisdizione statale, senza possibilità di ricorrere in appello. Sono centinaia i casi in cui uno Stato sovrano ha dovuto rinunciare a normative stringenti su ambiente o salute dei cittadini perché minacciato da una richiesta di risarcimento davanti alle corti arbitrali (leggi di più su ISDS: l’arma delle multinazionali contro l’ambiente).
Stando così le cose, potrebbe verificarsi la stessa situazione con la normativa italiana sugli OGM. Ma se vi alletta l’idea di una mela che non imbrunisce mai, non avete di che preoccuparvi.
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