Migranti e guerre: il capo di stato maggiore USA ci dice a cosa servono
Migranti e guerre – L’emergenza umanitaria durerà almeno vent’anni. Gli statunitensi, nella persona del capo di stato maggiore, il generale Martin Dempsey, ci hanno fatto il piacere di dircelo, così ci mettiamo l’anima in pace.
Queste le parole di Dempsey: “Dobbiamo affrontare sia unilateralmente che con i nostri partner questa questione come un problema generazionale, e organizzarci e preparare le risorse ad un livello sostenibile per gestire (questa crisi dei migranti) per (i prossimi) 20 anni“.
Inquietanti è dire poco.
Ecco perché.
In primo luogo, Dempsey omette la verità più palese, ovvero che la stragrande maggioranza del problema migranti è stato creato dalle politiche USA/UE degli ultimi 15 anni. Inutile elencare nuovamente tutte le guerre fomentate e sostenute con soldi USA e UE (quando non direttamente con le truppe) in Africa e Medio Oriente. In special modo quelle che hanno chiamato “primavere” arabe (sic!). Ma soprattutto la rimozione riuscita di Gheddafi e quella tentata di Assad.
Che il risultato sarebbero stati milioni di profughi, non era mica imprevedibile. Anzi. Tant’è che Gheddafi l’aveva pure detto che senza di lui saremmo stati invasi dai migranti.
Allo stesso modo, la destabilizzazione dell’Iraq prima, e della Siria poi, non poteva che produrre un fronte radicale sunnita, ovvero ciò che adesso si chiama ISIS. Anche questo era ampiamente prevedibile.
Infatti l’avevamo previsto già nel 2012, mentre i media del potere parlavano di Assad il terribile cattivone che ammazza i bimbi col gas (salvo poi stare zitti quando le inchieste rivelarono che i bambini li avevano gasati i “ribelli”, ovvero quelli che ora si chiamano Isis, e che USA e UE volevano tanto aiutare con un bello sbarco di “truppe alleate”).
Non è tutto qui. Anzi.
Dempsey prosegue dicendo che il problema se lo dovranno gestire gli USA come gli pare – “unilateralmente” – e con i loro partner (gli stessi che, insieme a loro, hanno creato il problema: UE e monarchie del Golfo), e gestirlo come se fosse un problema generazionale, che durerà almeno vent’anni, e che quindi dovranno “gestire le risorse” in maniera adeguata.
“Gestire le risorse” significa continuare a rafforzare il già mostruoso apparato bellico e di controllo.
Quando quattro anni fa scrivevamo già che lo scopo vero delle guerre non è l’appropriazione di risorse (che già appartenevano agli stessi poteri), ma la creazione di vortici di odio e violenza che servono a giustificare enormi apparati di controllo e limitazioni delle libertà personali ed economiche, come forma di ostacolo all’ondata di risvegli delle coscienze sia in oriente che in occidente, molti hanno storto il naso.
Molti ancora faticano a comprendere questa visione.
Ecco però che il capo di stato maggiore americano ci dice esattamente che il risultato di tutti questi conflitti, primavere, esportazioni di libertà, è semplicemente la giustificazione per “preparare le risorse per gestire…per i prossimi 20 anni”, ovvero il proseguimento e l’aumento dell’inutile superapparato bellico e l’aumento del controllo sulla popolazione.
Quella migrante, si, quella che vive nei paesi distrutti, si, ma anche e soprattutto quella che vive in occidente. Grazie allo spauracchio della sicurezza interna e dei barbari alle porte. Quelli che ci hanno messo appposta.
In questa ottica, le parole di Vladimir Putin, che come più volte abbiamo sottolineato fa né più né meno che il suo ruolo nel gioco delle parti, cascano a fagiolo: “Noi in Russia, e io personalmente qualche anno fa, abbiamo detto chiaramente che sarebbero emersi tali gravi problemi sei i nostri cosiddetti partner occidentali continuano a mantenere la loro politica estera sbagliata, soprattutto nelle regioni del mondo musulmano, Medio Oriente, Nord Africa“.
E fin qui, nulla da dire, ma poi aggiunge: “…il primo passo dovrebbe essere la creazione di un fronte comune e unito contro i gruppi jihadisti come l’Is. Il problema di ricostruire le economie locali e le sfere sociali per convincere le persone terrorizzate a tornare sorgerebbe solo dopo che il terrorismo fosse sradicato.” (fonte)
E qui casca l’asino: Putin sa benissimo come è nato l’ISIS, da chi è stato organizzato, chi li finanzia e perchè. Ma la sua soluzione è quella di “creare un fronte comune” per combattere il terrorismo. Ovvero, vuole che anche i suoi apparati di controllo e militari partecipino al gioco al rialzo annunciato da Dempsey.
Il gioco, in politica, è sempre lo stesso: il poliziotto buono e quello cattivo. Gioco delle parti.
Chi vuole rimanere sveglio e non farsi involontariamente complice dell’una o dell’altra parte, ha l’obbligo morale di tenersi al corrente di cosa realmente stia accadendo, in tutte le sfere della conoscienza, ed in special modo quelle politiche ed economiche, perchè nella nostra epoca sono i principali strumenti con cui cercano di frenare lo sviluppo delle coscienze.
E’ fondamentale, però, non farsi prendere dalla depressione e dal catastrofismo. Il mondo è sempre stato preda di questi poteri ed è sempre stato gestito col divide et impera e col gioco delle parti. La novità vera, quella che non ci raccontano mai in tv o sui giornali, è che la percentuale di coscienze che si risvegliano è in aumento vertiginoso, più che in qualsiasi altro periodo storico.
Questa la buona novella da tenere sempre a mente quando guardiamo lo squallore del potere. Ci vogliono sconfortati, sottomessi e senza speranza? Allora rispondiamo nel modo migliore, ricordandoci le cose buone che ci nascondono, sperando sempre, e operando per il bene, per quanto possibile, ognuno nel proprio raggio d’azione.
Il potere dell’aggregato viene sottovalutato spesso, e l’aggregato vero non è la piazza, o la rivoluzione, ma la somma dei cambiamenti personali, del progresso verso il bene delle singole coscienze.
La piazza la prendono sempre in giro sfruttandone la pancia. Ma una coscienza, una volta che ha fatto un passo in avanti, difficilmente può essere riportata indietro.
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