Il FMI fa accordi con la finanza islamica mentre Parigi esplode
Mentre il mondo è incollato alle notizie terroristiche dell’ISIS e distratto da un bombardamento mediatico contro gli islamici, la direttrice del FMI (Fondo Monetario Internazionale), Christine Lagarde, stringe accordi con la finanza islamica.
Due giorni prima dell’attentato di Parigi era stata in Kuwait ed aveva annunciato agli sceicchi arabi che il FMI è favorevole a far sviluppare il modello finanziario islamico a condizione che esso preveda una emissione di titoli pubblici garantiti dagli stati islamici. Ovviamente titoli che rendano un interesse per attirare gli investimenti internazionali.
La finanza araba non prevede alcun interesse in quanto è considerato ‘usura’ dalla Sharia.
La finanza araba non presta per speculare ma investe con la partecipazione alle aziende e agli utili. Sul principio della partecipazione alla proprietà si fondano i ‘sukuk’ che sono quote di investimento della finanza islamica senza interessi. Gli utili delle quote investite derivano dalla ripartizione degli utili delle aziende, partecipazioni che comprendono anche il rischio di impresa.
Sono proprio i sukuk che hanno interessato il FMI perché ormai hanno una fetta di mercato globale di 150 miliardi di dollari di partecipazioni in aziende multinazionali ed il loro settore bancario rappresenta l’84% della ricchezza finanziaria nazionale.
Con i proventi del petrolio riescono a finanziare investimenti diversificati in tutti gli altri settori e comprare società strategiche in tutto il mondo. Inoltre, grazie a questa ricchezza, riescono a fare una politica sociale per i cittadini islamici che è basata sul reddito di cittadinanza, quello vero auspicato da Auriti: dalla culla alla tomba. Ossia, sovvenzionano i propri cittadini con i proventi della loro ricchezza dandogli un reddito da quando nasce un islamico a quando muore.
Inoltre, finanziano le nuove attività con i suddetti “sukuk”, obbligazioni senza interessi ma che in cambio prevedono la partecipazione delle banche islamiche alle quote delle imprese, quindi il prestito è garantito da un valore sottostante reale che è il valore dell’impresa. In questo modo non chiedono interessi per la restituzione e si accollano anche le eventuali perdite intervenendo con la ricapitalizzazione. ma la cosa più interessante è che i cittadini islamici non pagano tasse. Non servono con la potenza economica derivante dal petrolio.
Questo sistema di Finanza Islamica è stato ritenuto allettante dal FMI in quanto prevede proprio che i prestiti abbiano un capitale a garanzia certo. Però questo sistema finanziario è rivolto soltanto al mondo arabo ed attualmente rappresenta solo l’1% delle attività finanziarie mondiali. Il FMI ritiene che per dare impulso mondiale alla finanza islamica gli arabi cambino metodo di finanziamento permettendo il prestito con interesse. Cosa che va contro la legge della Sharia.
Non sarà un caso che la Lagarde abbia proposto questo tipo di soluzione. I paesi arabi si trovano in una situazione di difficoltà per mantenere la politica sociale del reddito di cittadinanza e dei finanziamenti gratuiti alle imprese dei propri sudditi perché il prezzo del petrolio è crollato di oltre il 50% (mentre scriviamo ha toccato quota 38 dollari/barile) e di conseguenza hanno problemi di redditività per mantenere un certo sistema sociale.
La Lagarde ha proposto agli arabi di far pagare le tasse ai cittadini, di mettere imposte sui consumi ed anche di far diventare i Sukuk dei titoli di stato con una rendita per interesse in modo che i paesi arabi possano avere liquidità da investitori internazionali che li acquisterebbero. La stessa Lagarde ha detto che il prezzo del petrolio non risalirà per i prossimi tre mesi lanciando un monito agli sceicchi e facendo intendere che ” non si possono dare soldi gratuitamente per comprare sigarette” (in media un arabo fuma 35 sigarette al giorno, ma sono prodotte in Kuwait quindi sono soldi che restano sul territorio e tornano allo stato arabo e non capiamo l’interferenza della Lagarde su tale tema -ndr)
Pare che i capi di stato dei paesi arabi stiano pensando di accogliere i “suggerimenti” del FMI. “Il governo sta prendendo in considerazione l’adozione di sukuk come un mezzo per sostenere il reddito e alleviare il deficit di bilancio previsto“, ha detto al-Saleh. (Ministro delle Finanze del Kuwait)
Preoccupati anche del fatto che se i prezzi del petrolio continuano a restare bassi, come ha previsto la Lagarde con la sua sfera di cristallo, ci sarebbero gravi ripercussioni su tutta la filiera produttiva di petrolio arabo.
Se pensiamo che intere generazioni di arabi sono cresciute con le politiche sociali di reddito di cittadinanza e senza pagare tasse, un tale cambiamento creerà malcontenti. Ed è ciò che sta avvenendo.
Nel frattempo i leader arabi stanno preparando i sudditi a questo cambiamento con una strategia di massiccia comunicazione tipo quella che abbiamo vissuto noi con il “ce lo chiede l’Europa”.
Nel loro caso glielo chiede il FMI e gli accordi di Basilea che hanno stipulato e che ora stanno creando problemi normativi al sistema bancario islamico, che non prevede interesse, in quanto dovranno sottostare alle regole di attuazione di Basilea III, integrare regole macro prudenziali sui patrimoni bancari e assicurare parità di condizioni della finanza islamica con la finanza mondiale. Sinteticamente, non sanno come disobbedire alla legge della sharia se vogliono aprirsi al mercato mondiale della finanza usuraia e non restare chiusi nell’ambito islamico.
In conclusione, ai paesi arabi stanno chiedendo di fare riforme strutturali in senso finanziario che modificherebbero anche l’assetto e le politiche sociali del popolo arabo. Esattamente quello che hanno chiesto a noi, in nome di una stabilità finanziaria mondiale.
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