Oltre l’Euro e l’unione Europea, per un’altra e diversa Europa
Europa – Da un pò di tempo l’euro è diventato il principale argomento economico trattato nei talk show politici, e non.
Sostanzialmente ci sono due teorie egemoni sul tema.
Da una parte i suoi sostenitori, che affermano che la moneta unica è imprescindibile e i suoi problemi sono risolvibili solo aumentando i poteri della BCE e procedendo all’edificazione del super stato europeo.
Essi affermano che senza l’euro l’Italia sarebbe meno competitiva a livello internazionale, e che le attuali politiche di austerity insieme agli “effetti collaterali” di esse, siano necessarie e auspicabili per il futuro, seguendo una logica che potremmo definire “machiavellica“, in quanto per loro, il fine sembra giustificare i mezzi.
Dall’altra, i suoi critici sostengono che con la moneta unica l’Italia e gli altri paesi del Sud Europa (i cosiddetti “PIGS“), hanno solo da perderci a scapito delle nazioni economicamente più forti (Germania e Francia su tutte) e propongono un ritorno alle monete nazionali.
Inoltre molti di essi sostengono anche l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea, mentre altri affermano che essa deve rimanere nell’ Ue ma riacquistare la sovranità monetaria ceduta alla BCE.
Un tema su cui viene posta molta enfasi da entrambi i contendenti, è la situazione economica italiana prima dell’introduzione, nel 2002, della moneta unica.
Secondo i sostenitori di essa, questo sarebbe stato un periodo molto “buio” caratterizzato dall’eccessiva spesa pubblica che avrebbe aumentato a dismisura il debito, mentre secondo i critici, questo sarebbe stato un periodo che, pur con tutti i problemi, avrebbe garantito un’adeguato benessere economico generale venuto meno con l’avvento dell’ euro.
Detta semplicemente, per i sostenitori dell’euro il problema principale è il debito pubblico che deve essere ripagato al più presto, e la causa principale del suo aumento va addebita alla classe politica degli anni ottanta che spendendo oltre il dovuto ha avviato un sistema in cui tutti sono vissuti “al di sopra delle proprie possibilità” e per questo ora sono necessarie e urgenti delle politiche di “lacrime e sangue” per continuare a seguire il trend europeo e per poi nuovamente tornare a crescere.
Per i critici invece, il problema dell’attuale situazione italiana va ricercato principalmente nell’introduzione dello stesso euro, la cui tenuta impone forti politiche impopolari come i massicci tagli alla spesa sociale e la svendita di innumerevoli patrimoni pubblici, mentre il debito pubblico è una questione secondaria se non irrilevante, e la vera priorità è quella della riappropriazione della sovranità monetaria, con il ritorno alla lira o la creazione di una nuova moneta nazionale.
Al di là di tutta la diatriba economica, penso che sull’euro e l’Unione Europea bisogna fare anche un ragionamento un pò più generale, che tenga conto anche di questioni di carattere più specificamente politico e sociale.
Il problema non è tanto la moneta unica in sé, ma la cattiva gestione che ne è stata fatta e che è coerente con la costruzione della stessa Unione, fondata su principi antidemocratici e oligarchici.
Infatti chi prende le decisioni veramente importanti sono i pochi rappresentanti della Commissione Europea, che non hanno nessun mandato popolare e della quale il parlamento (l’unico organo eletto democraticamente nell’ UE) ratifica le decisioni.
Il procedere senza se e senza ma verso la costruzione del super stato europeo, come vorrebbero i suoi sostenitori, sarebbe disastroso.
A parte chi ci guadagnerebbe da ciò, come le banche, le grandi imprese multinazionali e i politici devoti ad esse, il resto della popolazione continuerebbe ad essere sottoposto alle politiche di “lacrime e sangue”, imposte per volere delle organizzazioni sovranazionali che formano la cosiddetta “troika“: Commisione Europea, BCE e Fondo Monetario Internazionale.
Anzi , la situazione sarà ancora più dura.
Difatti, per raggiungere il pareggio di bilancio introdotto costituzionalmente nel 2012 proprio per volere dell’ UE, si dovranno attuare le “riforme necessarie” di cui tanto parlano i politici un giorno sì e l’altro pure, ovvero politiche estremamente impopolari che porteranno a una fortissima diminuzione, se non al vero e proprio smantellamento, dello stato sociale insieme a una svendita a prezzi stracciati di ciò che rimane del patrimonio pubblico, e come conseguenza un graduale impoverimento di massa che interesserà sopratutto la classe media e quella lavoratrice, nonché i meno abbienti.
Come soluzione a questa situazione ci sono tante proposte: si va da chi sostiene che bisogna negoziare in ambito europeo e mettere in discussione il pareggio di bilancio e il recente “trattato sulla stabilità” (fiscal compact), a chi richiede direttamente l’uscita dall’eurozona o dalla stessa UE.
L’ultima opzione, con i tempi che corrono, sembra la più plausibile.
Infatti questa Europa unita, così com’è, è irriformabile e più si va avanti più la situazione peggiora.
Ormai essa è diventata un gigantesco “moloch” tecnocratico, del tutto funzionale agli interessi dei burocrati e dei lobbisti che la compongono e sostengono, ma assai disfunzionale per i popoli e gli individui che dovrebbe rappresentare.
Una soluzione possibile tra le tante potrebbe essere, non tanto tornare, sic et simpliciter, ai vecchi stati/nazione, ma semmai abbandonare, prima che sia troppo tardi, questo progetto ormai indisuso e porre le basi per un’altra Europa che vada al di là di questo modello che ci è stato propinato come l’unico possibile.
Difatti bisogna prendere atto del fallimento di questo modello e puntare al cambiamento.
Un cambiamento a 360 gradi che lasci alle spalle l’obsoleto sistema su cui si fonda l’ Ue, incentrato sul dominio dell’economia e il cinismo tecnocratico, e che serva da base per la creazione di un’altra Europa, fondata sull’autonomia e l’autodeterminazione di individui e comunità, dove non ci sia spazio per l’opprimente centralizzazione su cui è basata l’attuale UE.
Un’Europa diversa, basata sulla valorizzazione delle tante diversità (a partire da quelle culturali) che la compongono e non sull’omogeneizzazione di esse nel nome del profitto e degli standard burocratici, un’Europa basata sulla libertà e la solidarietà, e non sul dominio autoritario e oligarchico su cui è fondata oggi, non dominata da poteri forti né regolata da rigidi schemi tecnocratici come avviene in questa obsoleta e disfunzionale Unione Europea.
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Oltre l’Euro e l’unione Europea, per un’altra e diversa Europa
roger vivier sale
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