Il governo conservatore del Giappone ha tratto conclusioni diverse, dal disastro di Fukushima, rispetto a quelle del governo tedesco, che ha scelto di eliminare gradualmente l’energia nucleare.
Il nuovo piano energetico, ha approvato venerdì scorso, dal Partito Liberal Democratico di Shinzo Abe (LDP), definisce l’energia nucleare, come la risorsa più importante di energia di tutto il paese.
Ciò si contrappone rispetto alla decisione del precedente Partito Democratico del governo giapponese di Yoshihuiko Noda, di eliminare gradualmente il programma di energia nucleare entro il 2040. “Il nuovo piano energetico rende possibile una struttura energetica realistica ed equilibrata” ha detto il Ministro dell’Industria Toshimitsu Motegi, a Tokyo.
Ma le centrali nucleari dovranno soddisfare requisiti di sicurezza più rigorosi. Il governo vuole consentire il funzionamento degli impianti, classificati come sicuri, dalla riformata Vigilanza Nucleare. I primi due reattori potrebbero ottenere l’approvazione prima dell’estate.
La maggioranza dei giapponesi però si oppone al nucleare, secondo i sondaggi. Ma questo non ha avuto alcun effetto sulle elezioni, dopo il disastro di Fukushima. Il nuovo piano energetico del governo soddisfa il desiderio dell’economia di utilizzare l’energia nucleare come fonte di energia affidabile.
La nuova politica permette anche la costruzione di nuovi reattori nucleari. Il governo determinerà la quantità necessaria di energia nucleare. Ma gli analisti dubitano che sia possibile ottenere di più attraverso la costruzione di nuovi reattori. Dovrebbero infatti costruirli in quei luoghi dove già esistono centrali nucleari.
Il mercato dell’energia sarà da liberalizzare entro la fine del decennio.
Dalla scorsa estate, i fornitori di energia elettrica hanno chiesto all’Autorità di Vigilanza Nucleare il permesso di riavviare solo 17 su 48 reattori. Sugli altri 14 reattori ci sono forti polemiche politiche.
Vi è un diffuso rifiuto pubblico: nessuno desidera riavviare Fukushima 2 e nemmeno il complesso nucleare di Hamaoka, con tre reattori, situato in zona sismica, densamente popolata.
I restanti 17 reattori non verranno mai più fatti ripartire, a causa dell’età delle apparecchiature.
Il governo si rifiuta di dire quale mix di fonti energetiche desidererà sfruttare. Questo verrà deciso nei prossimi due o tre anni. Gli analisti dubitano che l’energia nucleare arrivi al 10% del consumo nazionale. Il nucleare, di conseguenza, non può essere definito come la “maggiore” fonte di energia del paese.
Il Giappone dovrà continuare a importare combustibili fossili costosi, che rappresentano l’80% della produzione di energia. Ma il governo desidera rielaborare il progetto riguardante l’utilizzo dell’uranio e del plutonio, come combustibili.
Il reattore sperimentale di Monju sarà abbandonato, ma sarà sviluppato un impianto, in un reattore di ricerca, per ridurre i rifiuti nucleari.
L’ impianto di rielaborazione di Rokkasho inizierà a operare in autunno, dopo molti ritardi. In origine era il fulcro di un ciclo chiuso per il plutonio e l’uranio che avrebbe reso il Giappone autosufficiente entro il 2100. Ma la rielaborazione del plutonio e dell’uranio non ha senso senza un reattore veloce.
“Questa politica non è ragionevole perché non va oltre la rielaborazione” ha detto Taro Kono, portavoce del Movimento Antinucleare del Partito Democratico.
Il Giappone, nel frattempo, ha ancora a che fare con più di 300 tonnellate di acqua radioattiva.
Il primo ministro Abe mostra poca interesse nel settore delle energie rinnovabili. Il partner di coalizione di Abe, il partito buddista New Komeito, ha chiesto al governo quali sono gli obiettivi del paese per quanto riguarda le fonti energetiche “verdi”. New Komeito ha promesso, nella sua campagna elettorale, che la quota di energia elettrica delle energie rinnovabili sarà del 30% nel 2030, senza energia idroelettrica e il 35% con.
Allo stato attuale, il piano energetico afferma solo che la quota di elettricità verde andrà oltre gli obiettivi precedentemente annunciati. Il piano precedente sarebbe, in fase di crescita, del 20% entro il 2030. Sarebbe un raddoppio modesto nel corso di un decennio e mezzo.
Attualmente l’1.6% di energia proviene dai sistemi eolico, solare e biomasse, con l’8,4% di energia idroelettrica.
Anthea Favoriti