11 Maggio 2014 Festa della Mamma
“Visto che non puoi cambiare i tuoi figli, proponi loro un’altra madre.”
Christiane Collange
Negli anni Settanta, “Nestlé” ed altri gruppi alimentari finiscono nel bersaglio delle organizzazioni umanitarie. Con grandiose campagne pubblicitarie, cercano di convincere le giovani mamme a passare all’alimentazione artificiale per i loro bambini. E lo fanno in modo perfido: ricordando i presunti svantaggi del latte materno, le grandi aziende regalano latte in polvere a reparti maternità, mamme e donne incinte [1].
Le conseguenze sono catastrofiche, soprattutto nei paesi in via di sviluppo: le donne accettano, piene di gratitudine, i doni dei benefattori occidentali e smettono di allattare i loro bambini. Sebbene nelle zone senza accesso a riserve d’acqua pulita il consumo di latte in polvere sia altamente pericoloso per i poppanti, i grandi gruppi sostengono che il latte in polvere sia più sano di quello materno.
Quando le generose regalie cessano, spesso anche i seni non hanno più niente da offrire. Le donne sono divenute dipendenti dal latte artificiale. Ora però devono pagarlo profumatamente [2].
Nel marzo del 1981, l'”Organizzazione Mondiale della Sanità” (“OMS”), approva un “codice internazionale per la commercializzazione dei surrogati del latte materno“. Questo documento limita la pubblicizzazione di alimenti per bambini e vieta la loro distribuzione gratuita o a basso prezzo.
Nel 1982, “Nestlé” pubblica delle direttive di marketing, concepite in teoria nel rispetto del codice internazionale, ma che sono criticate come completamente insufficienti dall'”UNICEF”, l’agenzia dell'”ONU” per la protezione dell’infanzia.
Solo nel 1984, sotto la crescente pressione dei boicottatori, che si attivano in numerosi paesi con lo slogan “Nestlé uccide i bambini“, il gruppo sottoscrive il codice dell'”OMS”.
Così tutto dovrebbe essere a posto. O meglio, avrebbe dovuto. Perché le multinazionali trovano sempre un modo per aggirare i divieti.
L'”International Baby Food Action Network” (“IBFAN”), documenta nel suo sito numerosi casi attuali di contravvenzione al divieto di pubblicità imposto dall'”OMS” [3].
Insieme a “Nestlé”, il sito mette sotto accusa anche “Hipp”, “Mi-lupa”, “Danone”, “Abott”, “Humana”, “Heinz”, “Gerber” (“Novartis”), “Mead Johnson” (“Bristol-Myers Squibb”) e varie altre aziende.
Nel dicembre del 1999, un ex-dipendente della sede pakistana della “Nestlé” accusa l’azienda di infrangere pesantemente il codice dell'”OMS” e di corrompere sistematicamente i dipendenti della sanità pakistana, in un Paese dove migliaia di bambini muoiono per le conseguenze derivanti dal consumo di latte in polvere. “Per aumentare le vendite abbiamo corrotto i pediatri e abbindolato le madri dei neonati”, racconta l’uomo alla rivista tedesca “Stern” [4].
Il gruppo svizzero riesce a ritirare all’ultimo minuto dalla programmazione del canale tedesco “ZDF” un reportage sullo scandalo della “Nestlé” pakistana [5].
Secondo l'”UNICEF” oggi, in Pakistan, l’84 per cento dei poppanti è nutrito con latte artificiale – un business redditizio, considerati i 130 milioni di abitanti del paese. Sì, su Internet e sulle confezioni “Nestlé” si ricorda che il latte materno è “il cibo meno caro e più sano per il vostro bambino“, ma solo una donna su quattro, in Pakistan, sa leggere e scrivere [6].
A causa delle loro infrazioni al codice dell'”OMS”, le aziende produttrici di cibi per i bambini sono continuamente in conflitto non solo con l'”UNICEF”, l’agenzia dell'”ONU” per la protezione dell’infanzia, e l'”IFBAM”, ma anche con l'”Organizzazione Mondiale del Lavoro” (“ILO”), la “World Alliance for Breastfeeding Action” (“WABA”) e numerosi altri gruppi [7].
“Mia madre non mi ha mai allattato. Pensava a me più come un amico.”
Rodney Dangerfield
Ora le aziende hanno cominciato un nuovo assalto al mercato delle mamme: “Nestlé” & Co. sostengono che solo la distribuzione di cibo per poppanti può impedire che i bambini contraggano I’AIDS per mezzo del latte materno.
Soprattutto in Africa la diffusione del virus ha raggiunto dimensioni epidemiche. Secondo l'”UNAIDS”, il Programma delle Nazioni Unite per l’Aids/Hiv, nei paesi sub-sahariani in media il 9 per cento delle donne è infetto dal virus Hiv. Nel mondo 3,8 milioni di bambini sono morti di Aids. Secondo le stime, 3,4 milioni sono stati contagiati dalle loro madri.
Se si distribuisse il latte in polvere alle mamme, molti di questi bambini potrebbero sopravvivere, raccontano i grandi gruppi dell’industria alimentare. La stimata rivista economica “Wall Street Journal” accusa addirittura l'”UNICEF” – che si rifiuta di concedere ai gruppi industriali l’autorizzazione per la distribuzione gratuita dei loro prodotti – di mettere a rischio la vita di milioni di bambini [2].
L'”UNICEF” non è contraria per partito preso alla distribuzione di latte artificiale alle mamme portatrici del virus Hiv [8]. Il fatto è che solo una minima parte – circa il 15 per cento – dei contagi è causata dal latte materno. Dall’esplosione dell’epidemia di Aids circa trenta anni fa, secondo le stime dell'”UNICEF”, sono stati contagiati in questo modo solo 1,1-1,7 milioni di bambini. La maggioranza dei contagi avviene già durante la gravidanza, nel grembo materno. Inoltre, in Africa, pochissimi hanno accesso ai test che comprovano il contagio. Solo il 5 per cento dei contagiati sa di essere positivo all’Hiv [9].
Se il latte in polvere viene somministrato alla cieca, senza test preventivi, rischia di mietere più vittime che il latte materno: secondo l'”OMS”, ogni anno un milione e mezzo di bambini muoiono perché non sono stati allattati al seno. La causa più frequente sono le infezioni di diarrea e di malattie affini, dovute al fatto che nelle regioni sottosviluppate l’accesso all’acqua pulita è solo un’eccezione. Il latte in polvere viene sciolto quindi in acqua infetta da batteri, e diviene così la prima causa di contagio e di morte. “Un bambino nutrito con il biberon rischia di morire di diarrea sei volte di più rispetto a un bambino che è stato allattato”, dice Urban Jonsson, direttore regionale dell'”UNICEF” per l’Africa orientale e meridionale. “Nestlé lo sa, ma continua a fare pubblicità per i suoi prodotti a base di latte artificiale.” [10].
L'”UNICEF” esige perciò che gli alimenti per bambini siano distribuiti esclusivamente in certe situazioni e sotto il suo controllo: solo alle madri sicuramente infette e in condizioni igieniche rigorosissime. L’organizzazione umanitaria lotta perciò soprattutto per la diffusione dei test e dei farmaci anti Aids.
Inoltre la Direttrice dell'”UNICEF”, Carol Bellamy, si è messa in contatto con i gruppi produttori di alimenti per bambini, per poter effettivamente offrire del latte in polvere alle madri il cui contagio con il virus Hiv è accertato. Ma le negoziazioni sono fallite, secondo l'”UNICEF” perché le industrie violavano il codice dell'”OMS” e intendevano ancora abusare della distribuzione gratuita per perseguire i loro scopi pubblicitari.
Poiché, se questo prodotto si impone alla percezione delle masse come panacea contro il contagio dell’Aids, anche i paesi poveri possono divenire fonte di grassi profitti [11].
Note e fonti:
[1] Per informazioni più dettagliate: www.ibfan.org e www.ibfan.org
[2] Si veda anche “Formula far Disaster“, “Wall Street Journal”, 6 dicembre 2000
[3] “Breaking the Rules”, “Strecching the Rules” 2001
[4] “Todbringende Rezeptschlacht“, “Stern” 50/1999
[5] Angeldindingt, aber rde gesendet. Warum das ZDF einen Beitrag iiber Nestlé kippte, «Berliner Zeitung», 10 dicembre 1999
[6] Risicante Mischung, «Facts» 51/1999
[7] Lista dei sostenitori della campagna per il latte materno su www.waba.org.my
[8] Si veda unicef.org
[9] Si vedaunicef.org
[10] Intervista rilasciata a Klaus Werner il 12 dicembre 2000
[11] “I crimini delle multinazionali”, di Klaus Werner e Hans Weiss, Newton Compton Editori, 138-141
Fonte
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