L’attacco di Pearl Harbor fu provocato e poteva essere evitato
Pearl Harbor – Siamo abituati a vedere gli USA come i paladini della “giustizia internazionale” e la Seconda Guerra Mondiale in un’ottica estremamente manichea che però ha ben poco a che vedere con la realtà.
Difatti queste convinzioni limitanti ci sono state imposte tramite una martellante propaganda e una fortissima manipolazione psicologica grazie al largo utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa.
Per lungo tempo grazie ai tanti film propagandistici di Hollywood o ad altri mezzi d’intrattenimento, intere generazioni sono state indotte a credere che i cowboys che combattevano gli indiani d’America erano i “giusti”, mentre sullo sterminio dei nativi e i metodi brutali usati dai presunti “liberatori” non si diceva nulla.
La stessa identica versione propagandistica dei fatti è stata e viene ancora utilizzata per descrivere i tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale, che fu un conflitto di proporzioni gigantesche e che vide tutte le parti coinvolte macchiarsi di numerosi crimini.
Probabilmente fra non molto tempo si diranno anche per essa le cose come stanno, e si arriverà a una versione equilibrata, purtroppo ora ancora molto lontana.
Un’episodio cruciale della II guerra mondiale è indubbiamente l’attacco giapponese di Pearl Harbor del 7 dicembre 1941, che costituì la giustificazione per l’entrata in guerra degli States.
Quando si pensa a Pearl Harbor, viene in mente subito il famoso film del 2001 diretto da Michael Bay, in cui è riportata la versione propagandistica dominante.
Siamo stati abituati a credere che l’attacco di Pearl Harbor fu un’azione di guerra dei giapponesi contro il “paese della libertà”, ma la storia in realtà è un pò diversa, e approfondirla togliendosi un pò di pregiudizi indotti, non fa per niente male.
Ciò che bisognerebbe sapere è che l’attacco spregevole di Pearl Harbor non fu dettato dal caso, ma che fu provocato e che pur di entrare in guerra, gli strateghi dell’imperialismo USA non ci pensarono due volte nel far sacrificare vite di esseri umani innocenti per i propri interessi di dominio e potere.
Ciò che nei libri di scuola difficilmente scriveranno è che l’attacco di Pearl Harbor poteva essere evitato e che fu addirittura provocato.
Il 7 ottobre 1940 (un’anno prima del tragico evento) il capitano di corvetta Arthur H. McCollum aveva pubblicato un memorandum riservato al presidente Roosvelt e ai più alti membri dell’intelligence statunitense in cui si suggeriva di provocare il Giappone in modo da avere un pretesto per entrare in guerra a fianco della Gran Bretagna, con un’elevato consenso popolare che dopo l’attacco di Pearl Harbor non tardò ad arrivare.
Difatti prima di Pearl Harbor, la maggioranza della popolazione statunitense era contraria a qualunque intervento militare, mentre dopo il fatidico 7 dicembre 1941, ” magicamente ” la situazione si era capovolta.
Quelle che seguirono furono una serie di provocazioni che l’establishment statunitense attuò per provocare il Giappone in modo da avere la reazione tanto sperata.
Nel settembre 1940 Roosvelt con il “Selective Training and Service Act” istituì il servizio di leva obbligatorio e fece convertire alcune industrie nazionali alla produzione bellica.
Come ricorda Stefano Schiavi in un articolo sulla rivista “Storia in Rete“, dall’ottobre del 1940 iniziarono vere e proprie provocazioni militari verso il Giappone.
In quel periodo la Casa Bianca decise di trattenere alla Hawaii le navi di stanza nel Pacifico per un’esercitazione sguarnendo tutte le altre basi della costa continentale, in seguito la Us Navy inviò più volte degli incrociatori nelle acque territoriali giapponesi, e inoltre venne approvato un’embargo petrolifero a cui aderì anche l’Olanda che mise alle corde il Giappone a tal punto da spingerlo verso una reazione.
Così venne pianificato il piano di attacco da parte della flotta giapponese, e da novembre cominciò un incessante scambio di messaggi cifrati tra ambasciate, consolati, comandi navali e di truppe al fine di coordinare l’attacco.
Tutti questi messaggi furono intercettati e decriptati da parte dell’intelligence statunitense e consegnati a Roosvelt, ed in essi si era venuto a scoprire anche il punto geografico di raduno della flotta giapponese.
L’unico a non sapere dei movimenti e delle intenzioni nipponiche era l’ammiraglio Husband Edward Kimmel, proprio colui che da poco aveva assunto il comando della flotta americana del Pacifico trattenuta a Pearl Harbor come esca.
Insomma, gli innocenti che perirono a Pearl Harbor furono usati come “carne da macello” da parte del complesso militar-industriale e dai gruppi di potere interessati all’entrata in guerra degli States, ma purtroppo questi fatti sono ancora troppo poco conosciuti e rimangono tabù, come tabù è ancora il rifiutare il mito della “guerra buona” che ci è stato inculato tramite la propaganda guerrafondaia, sin da bambini.
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