Calcinacci napoletani

calcinacciI funerali di Salvatore, ucciso da un calcinaccio caduto dalla Galleria Umberto di Napoli. Il sindaco ha preferito non essere presente, ha inviato solo il gonfalone…il Comune è parte offesa nella vicenda, gli indagati sono 45, tra cui due tecnici del Comune, oltre ai proprietari dello stabile e agli amministratori dei condominii interessati.
Calcinacci caduti anche al Vomero, in vico Acitillo, altri crolli hanno fatto decidere per la chiusura della Galleria al pubblico, altri ancora hanno sfiorato persone in vari punti di una città allo stremo, costellata di buche mal ricoperte, a cui margini trionfano, ancora, enormi cumuli di spazzatura, data alle fiamme da residenti all’esasperazione o da veri e propri criminali a cui lo Stato, sinora, non è capace di far fronte…tranne che a parole.
Stato, istituzioni, parole a Napoli che fanno rima solo e soltanto con tasse e proibizioni, con la distruzione dell’ assistenza sanitaria, del trasporto pubblico, della sicurezza del cittadino, con il degrado morale e materiale dell’intera regione, di una città i cui fasti rimangono in cartolina, nelle belle immagini di un tramonto, ma che si trasformano, nella vita quotidiana di un napoletano, nello “scuorno” di vivere in un posto dove non funziona niente, dove per avere un posto di lavoro devi avere la “conoscenza” giusta, dove anche l’ospedale, l’Inps, l’Asl, la scuola pubblica sono legati a quei meccanismi di sopraffazione e di negazione dei diritti che nessuno, a cominciare da Luigi de Magistris, ha mai voluto affrontare sul serio, risolvere, rendendo questa città più umana, più normale, più civile.
Tante belle parole, tanti annunci, rossi, arancioni, azzurri e neri, nella prosecuzione di quel sacco della città, delle terre confinanti, delle speranze della gente, della stessa aria e dello stesso mare, ridotto a cloaca, a simbolo dell’incapacità, dell’ingordigia, dell’ arroganza ignorante, di una classe dirigente che ha occupato quelle poltrone più per il loro significato simbolico ed economico, che per le responsabilità derivanti da quel ruolo.
Quando un albero uccide una persona, quando un calcinaccio cancella la vita di un giovane, chi “gestisce” la città non può dire di non averne responsabilità diretta:  “I Comuni – recita art. 56 comma 3 dei principi generali di riparto di competenze per gli enti comunali – esercitano tutte le funzioni regolamentari ed amministrative riguardo agli interessi della popolazione, con particolare riguardo all’assetto ed all’utilizzazione del territorio, allo sviluppo economico, ai servizi pubblici”.
Regolamentari ed amministrative, quindi con poteri, come si è visto nel caso della cacche dei cani, di imporre regole per il “decoro” della città, di sanzionare chi non le rispetta…a maggior ragione chi mette a rischio la sicurezza dei cittadini non rispettando le regole basilari sulla sicurezza.
Luigi de Magistris sembra aver ben appreso la lezione da chi ha preferito, a livello locale e nazionale, le chiacchiere ai fatti, scaricando responsabilità che, già prima del suo insediamento, erano altrove, ma che lui aveva promesso di ridare in mano alla gente, di assumersi questo impegno in primis: “aprire le porte del Comune al popolo napoletano”… a quel popolo che fuori da quelle porte, per i potenti, non è mai contato niente…e continua a non contare.

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