Datitalia Napoli: storia di un lavoro rubato
(Dedicato ad Andrea, Enrico e Patrizia)
Non ci sono lacrime che bastano a spegnere la rabbia, mi spiace io non so perdonare, e la rabbia mista al dolore non si riesce a contenere.
Lo dice chiaro Paolo Bottiglieri, mio collega ed amico di lavoro per oltre 20 anni, non può non esserci alcun nesso tra le morti dei nostri amici e quei licenziamenti che ancora gridano vendetta, per come sono avvenuti, da chi sono stati comminati, per il silenzio che li ha accompagnati, per le collusioni politiche e sindacali che li hanno resi possibili.
La storia della ex-Datitalia, divenuta Gepin dopo l’acquisto da parte del San Paolo di Torino del Banco di Napoli, è la storia della “grande” imprenditoria nazionale, coperta da appoggi politici, incapace di fare investimenti sul capitale umano e sulle possibilità di mercato, attenta solo a guadagnare (rubare) quanti più soldi si può da commesse pubbliche, dagli aiuti statali che chiamavano, ieri, casse integrazioni, firmate e volute da sindacati compiacenti, nel silenzio dei media e di quella politica che tanto parla di lavoro, mentre ne permette l’esproprio.
450 dipendenti, tutti altamente qualificati, in grado, appena pochi anni prima, di collocarsi al decimo posto, in Italia, come azienda di servizi, spolpata da chi, come Profumo e Passera, allora ai vertici del San Paolo, avevano come unico problema quello di “liberarsi”, il più in fretta possibile, dell’indotto di quel Banco di Napoli che avevano acquistato per fare un piacere a Ciampi…e per accaparrarsi tutto il risparmio meridionale.
Ed allora quella vendita fu gestita come una svendita, regalata la nostra azienda ad un gruppo che figurava nella bad bank della banca partenopea, come cattivo pagatore, un gruppo che già aveva difficoltà economiche, in mano alla famiglia Zavaroni, che nel giro di pochi anni spolpò la nostra azienda di tutti i suoi utili, della maggioranza dei suoi dipendenti, con procedure di cassa integrazione campate letteralmente in aria, ma firmate e controfirmate da Fiom, Fim e Uilm e da quel ministero del lavoro che appariva, ad ogni incontro, più il notaio dell’azienda che un organo di controllo sulla validità e la liceità delle procedure.
I sindacati mirarono solo ed esclusivamente a dividere i lavoratori, cacciati a gruppi, non tutti assieme…è una strategia vincente, ormai consolidata…quelli cacciati protestano, ma sono pochi e non sono ascoltati, quelli ancora dentro hanno paura, e dividendo si comanda…lo dicevano millenni fa i romani.
Da 450 a 300, poi a 200, poi a 100…e poi a quei pochi rimasti divisi in altre aziende subentrate alla Gepin, in quel gioco di scatole cinesi che mira a cancellare storia e furti, in quel gioco al massacro che distrugge amicizie, vite, speranze…in quel gioco in cui chi è più forte ha sempre ragione, e chi è più debole, se non unito agli altri, è sicuramente perdente.
Da questo “gioco” imprenditoriale sono venuti fuori oltre 300 licenziamenti illegittimi, tre colleghi morti per lo stress conseguente alla perdita del loro posto di lavoro, 74 milioni di euro evasi al fisco, ed una comunità, di amici/colleghi dispersa, massacrata, cancellata dalle mille difficoltà giornaliere, dalla rabbia, dalla ricerca continua di una alternativa, per vivere, per lavorare, per ritrovare quel senso rubato…senza senso…senza motivo.
Oggi ci ha lasciato Andrea, ieri ci hanno lasciato Enrico e Patrizia…non nomi, non numeri, persone, anime, coscienze, amici, cuori, risate, discussioni, pensieri, abbracci…sentimenti, percorsi di vita, della nostra vita…e la vita, la nostra vita, non può e non deve essere cancellata così.
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