Il Futuro rubato – “Fin dai giorni degli Illuminati di Baviera questa cospirazione mondiale per il rovesciamento della civiltà e la ricostruzione della società sulla base dello sviluppo bloccato, dell’invidia malevola e dell’impossibile eguaglianza è cresciuta costantemente”
Così diceva Sir Winston Churchill già verso la metà degli anni Cinquanta perché, evidentemente, ad una vecchia volpe come lui, alcuni segni e comportamenti a livello internazionale da parte di coloro che avevano vinto il secondo Conflitto Mondiale non erano sfuggiti. Centro della frase dello statista inglese è lo sviluppo bloccato ovverosia l’artificioso e malevolo azzeramento da parte di alcuni di quello sviluppo umano, scientifico e tecnologico che è riconosciuto in grado di far progredire e migliorare il livello di vita di ciascuno di noi.
Tra la fine del XIX° Secolo ed i primi anni, ormai del XXI° lo sviluppo della tecnologia umana ha conosciuto una tale dimensione ed una tale velocità che ha reso possibile raggiungere risultati ed obiettivi che ci avrebbero fatto gridare al miracolo o alla stregoneria solo qualche decina di anni prima.
Alla fine del ‘800, per esempio, volare con macchine più pesanti dell’aria era considerata pura follia, prima che una fredda mattina di Dicembre del 1903 due appassionati ciclisti dell’Ohio compissero il “miracolo” del loro Flyer. Da allora si sono costruiti aerei sempre più grandi e sempre più veloci fino ad arrivare a mostri come l’Airbus A-380 o al mitico Lockeed SR/71-A che vola a 3,5 volte la velocità del suono ed al cui confronto il Flyer di Wilbur ed Orville Wright sembra, sì e no, uno sgangherato aquilone. Tuttavia se quel giorno a Kitty Hawk i due fratelli avessero fallito il loro tentativo forse oggi per arrivare in America ci dovremmo ancora affidare a grandi navi transatlantiche come l’Andrea Doria o la Queen Elizabeth.
Per fortuna gli aerei, da quel 1903, si sono continuati a sviluppare ed a costruire e con loro automobili, treni e tutti quei dispositivi o macchinari ai quali ormai abbiamo fatto l’abitudine e che caratterizzano il nostro stile di vita. Ma fu subito dopo l’avvio della Seconda Rivoluzione Industriale e con lo sfruttamento intensivo dei combustibili fossili che è risultato chiaro che chi avesse dominato le risorse energetiche e le tecnologie ad esse correlate avrebbe anche dominato il mondo. Inizialmente la battaglia tra quelle forze che, lontano dai nostri occhi, guidano i destini del mondo, o almeno ci provano, si svolgeva sul tavolo dell’egemonia nel controllo delle risorse planetarie di idrocarburi, del petrolio. Ne ha fatto esperienza diretta il povero Enrico Mattei che con la sua ENI ebbe l’ardire di prendere di petto le famigerate Sette Sorelle.
Da allora le cose si sono evolute ed alla guerra per mantenere il controllo sulle risorse si è affiancata anche tutta l’attività di intelligence, disinformazione ed eliminazione silenziosa di tutte quelle scoperte e quelle tecnologie che ci permetterebbero in tempi brevi e con poco sforzo di liberarci, una volta per tutte, dalla dipendenza dai combustibili fossili e da tutti i danni collaterali connessi all’uso intensivo che ne facciamo ora.
Il primo grande scienziato a sperimentare sulla sua pelle un simile scenario, è stato il geniale e controverso fisico serbo Nikola Tesla. Egli convinse il banchiere J.P. Morgan a finanziare i suoi studi per la realizzazione di un sistema di distribuzione dell’energia elettrica radicalmente differente da quello in uso oggi, pur sempre di sua invenzione. Si trattava di un sistema ad accesso completamente libero da parte degli utenti basato sulla trasmissione senza fili dell’energia elettrica per un fenomeno di risonanza terra-cielo da lui stesso scoperto e culminato, nella nella sua fase di pre-ingegnerizzazione, con la costruzione della famosa Torre di Wardencliffe, dalla quale il fisico serbo realizzava i suoi esperimenti di di trasmissione della potenza elettrica a distanza e senza fili. Tuttavia non appena il buon Morgan comprese esattamente che sarebbe stato impossibile tassare il consumo di energia elettrica da parte dell’utilizzatore finale e, quindi guadagnarci anche un solo penny, litigò con Tesla, chiuse i cordoni della borsa, l’attività di Wardencliffe nel 1902 si fermò completamente e di lì a pochi anni l’antenna, la torre ed i macchinari del laboratorio furono venduti all’incanto come rottami!
Al di la di questo episodio, già di per se esplicativo, c’è da dire che alla morte di Tesla il Governo degli Stati Uniti sequestrò tutta la documentazione scientifica in suo possesso in nome di un non meglio chiarito pericolo per la loro Sicurezza Nazionale e di questa documentazione, che comprendeva anche il progetto del suddetto sistema di trasmissione della potenza elettrica senza fili, nessuno ha mai più saputo nulla. Facendo un salto di qualche anno ed arrivando ai giorni nostri, ciascuno di noi avrà sentito dire almeno una volta nella sua vita che l’unica vera alternativa alla dipendenza dai combustibili fossili è data all’uomo dall’energia atomica. Tralasciando per un attimo qualsiasi altro tipo di fonte energetica alternativa al petrolio e ritenendoci dotati di un certo qual senno saremmo quasi portati ad essere d’accordo con questa affermazione se non fosse che ci dovremmo accorgere subito che l’Energia Atomica di cui si parla è quella sbagliata: quella di fissione.
Il fenomeno della fissione nucleare, ossia della rottura di un atomo pesante, di solito U-235 o Pu-239, in atomi più leggeri da parte di neutroni con la conseguente liberazione di una grande quantità di energia fu studiata a fondo in Italia nei primi anni ’30 dal famoso Gruppo di Via Panisperna capitanato da un eclettico Enrico Fermi e con collaboratori del calibro di Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo e Ettore Majorana. A seguito dell’infausta evoluzione della situazione politica di quegli anni il Gruppo si sciolse e Fermi, dopo aver vinto il Premio Nobel nel 1938, riuscì ad avviare la prima “Pila Atomica” solo 4 anni dopo, il 2 Dicembre 1942, presso la Columbia University di Chicago.
Da quel momento e per esigenze belliche allora assolutamente condivisibili lo sviluppo della nuova Energia Nucleare divenne una questione prettamente ed esclusivamente di carattere militare. Il “Progetto Manhattan”, guidato da un uomo di grande valore e di grandi valori come Robert J. Oppenheimer, fagocitò le migliori risorse degli Stati Uniti in termini di teste e tecnologia ed alla fine, nel deserto del New Mexico, l’Evento Trinity del 16 Luglio 1945 diede l’avvio all’Era Atomica.
Seguirono poi i bombardamenti nucleari di Hiroshima e Nagasaki che portarono finalmente il Giappone alla resa ed alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Tecnicamente però i militari non erano molto soddisfatti: Little Boy, la bomba sganciata su Hiroshima, era un ordigno assai rudimentale realizzato con l’Uranio 235 recuperato da uno dei due U-Boot tedeschi che tentarono di trasportare proprio in Giappone tutte le scorte disponibili in Germania del prezioso materiale. Una quasi misconosciuta operazione dei Servizi Segreti inglesi e dell’OSS americana riuscì a catturare uno dei due U-Boot e ad affondare l’altro. Per inciso, se tutto questo non fosse avvenuto, non siamo in grado di stimare se e quando gli Stati Uniti avrebbero mai lanciato la prima bomba A. L’obiettivo comunque era costruire una testata ad implosione programmata, molto più sofisticata ma anche molto più compatta, maneggiabile in sicurezza e soprattutto molto più potente potendo usare come combustibile nucleare il Plutonio 239 anzichè l’Uranio 235.
Ma il Plutonio non esiste in natura e per farlo vennero spesi una montagna di soldi e spremuti decine di fisici e ingegneri per costruire il complesso di Hanford Works, nei pressi di Washington, dove una parte del flusso d’acqua del fiume Potomac venne addirittura deviata per farla passare direttamente “attraverso” il reattore che doveva produrre il Plutonio, visto che non si riusciva a trovare altro modo per raffreddare il reattore e smaltire l’enorme quantità di calore che si produceva. E così fu la volta di “Fat Man”, la bomba di Nagasaki.
Una volta finita la Guerra però la ricerca militare non si fermò e “grazie” all’ossessione di Edward Teller di costruire bombe sempre più grandi e potenti si arrivò alla prima bomba a Fissione/Fusione o Termonucleare o “H”. La bomba “H” era una specie di arma definitiva: non aveva limiti teorici alla potenza sviluppabile, intrinsecamente sicura da maneggiare in breve tempo venne resa abbastanza piccola da poter essere trasportata in gran quantità dai grandi bombardieri strategici o equipaggiare le testate MIRV di ogni sorta di missile della famosa Triade Nucleare.
La ricaduta tecnologica civile di tutto questo enorme sforzo di ricerca ed ingegneria in realtà è stata assai al di sotto di quanto ci si sarebbe potuto aspettare : poiché la tecnologia di Fusione atomica controllata non era direttamente coinvolta nello sviluppo delle nuove armi e soprattutto poiché per produrre il combustibile per le bombe erano necessari i soli Reattori a Fissione i soldi della ricerca vennero stanziati per quelli ed, alla fine, si crearono due grandi famiglie di Reattori Commerciali: i LWR (BWR/PWR) in Occidente ed i mostruosi RBMK in Unione Sovietica.
Senza perdere molto tempo a descrivere quelle che si potrebbero tranquillamente definire due rami secchi dello sviluppo tecnologico terrestre dirò solamente che entrambi i tipi dei reattore hanno due problemi irrisolti ed irrisolvibili: il primo sono le scorie di produzione, attive per milioni di anni ed il secondo ma non meno importante, è il fatto che entrambe le tecnologie sono intrinsecamente molto pericolose in fase d’esercizio commerciale. Per i LWR, (Fukushima, Three Miles Island), non si è capaci di proteggere veramente il nocciolo da eventi catastrofici e non si dispone di seri piani di decommisioning, ossia nessuno sa bene cosa fare una volta che i reattori saranno spenti ed esauriti. Per gli RBMK basterà dire che lì il problema è addirittura dato dal fatto che nessuno sa bene come potrebbero comportarsi una volta avviate le procedure di spegnimento (Chernobyl aveva 5 Reattori RBMK da 1000 MW l’uno).
L’attuale tecnologia industriale per la produzione di energia elettrica da Fissione è, dunque, una tecnologia perdente, fumo negli occhi: è costosissima, poco sicura se non addirittura pericolosa in esercizio, produce scorie di inimmaginabile tossicità e per lo smaltimento delle quali non si sa ancora cosa fare, le centrali hanno tempi di avviamento dell’ordine dei lustri ed una volta definitivamente spente nessuno sa cosa fare di un’area altamente contaminata e di inimmaginabile riconversione. Il vero affare della Fissione è quello per le grandi compagnie energetiche tradizionali che, di solito, posseggono quote significative delle aziende che gestiscono il ciclo dell’Uranio e che hanno sparpagliato per il mondo centinaia di centrali che non hanno contribuito affatto a ridurre in maniera significativa la dipendenza totale da quegli idrocarburi che loro stesse controllano e, in compenso, hanno reso molto più pericolosi i territori dove sono state fatte sorgere.
Ma vi ricordate cosa ci eravamo detti poco fa? Noi siamo disposti a credere, anzi siamo certi che l’energia nucleare sia la strada giusta per garantire il nostro futuro ma, come abbiamo visto, la via non può essere quella della Fissione, deve necessariamente essere quella della Fusione. La Fusione Termonucleare incontrollata, quella delle bombe per intenderci, riproduce per un breve istante le reazioni termonucleari che mantengono in vita il Sole, per questo i suoi effetti sono di gran lunga più devastanti della più potente delle bombe a Fissione. In essa atomi di Deuterio e Trizio, isotopi dell’Idrogeno facilmente ricavabili dall’acqua di mare, sono sottoposti a livelli di pressione e temperatura così elevati da fondersi in un elemento più pesante (He4), liberando un’enorme quantità di energia.
L’idea dei fisici è stata, allora, quella di creare una macchina in grado di riprodurre in scala minore quel che avviene nelle bombe, contenere e gestire gli enormi livelli di temperatura e pressione in gioco (Milioni di K° e Milioni di Bar), e ricavare un reattore commerciale in grado di produrre energia pulita, a costi bassissimi, (il combustibile si ricava dall’acqua di mare), e con scorie esauribili in poche decine di anni, di bassa tossicità e facilmente trattabili in sicurezza con le tecnologie di cui si dispone oggi. Ma ecco che, di nuovo, qualcuno, qualcuno di malevolo e interessato per dirla come Winston Churchill, ci ha messo lo zampino. Ebbene i fisici sanno che esistono diversi sistemi ed apparati che, in linea di principio, permetterebbero lo sfruttamento civile della Fusione, in particolare quel che contraddistingue le strade percorribili è il cosiddetto Sistema di Confinamento del Plasma. Confinare il Plasma è di enorme importanza qualunque sia il modo scelto per farlo perché il Plasma è un fluido costituito dagli isotopi dell’Idrogeno ionizzati che per fondersi e dar vita ad He4 e energia hanno bisogno di trovarsi a qualche milione di K° e se per caso il Plasma dovesse venire in contatto con le pareti della macchina che lo contiene va da se che le conseguenze sarebbero catastrofiche. Tornando a noi, quindi, esistono due tipi di confinamento del plasma possibili : quello magnetico e quello inerziale.
Fin dal loro inizio le ricerche americane sulla possibilità di creare reattori a Fusione per la produzione di energia elettrica furono tenute segrete, così quando nel 1955 nella Conferenza Internazionale per l’uso pacifico dell’energia atomica di Ginevra i fisici russi Andrej Sakharov e Igor Tamm presentarono il loro Tokamak il mondo intero rimase sbalordito dai risultati ottenuti dalla ricerca sulla fusione in Unione Sovietica e dalle potenzialità di quel tipo di tecnologia.
Gli USA, in gran segreto, avevano cominciato a percorrere una strada simile ma che non si è poi rivelata altrettanto promettente quanto quella del Tokamak: la loro macchina si chiamava Stellarator. Tre anni più tardi, nel 1958, l’URSS rese pubblici gli schemi ed i parametri di funzionamento del Tokamak cosicché pressoché il 90% dei fisici cominciò a studiare e sviluppare questa classe di macchine. L’idea di Sakharov e Tamm appariva semplice: all’interno di questa macchina a forma di ciambella, o toro, si fa stazionare un flusso di plasma di D e Tr mantenuto ad opportuna distanza dalle pareti della macchina da potentissimi campi magnetici.
Con il tempo grazie all’irraggiamento di microonde di opportuna frequenza ed al gioco dei campi magnetici che pervadono la camera toroidale il plasma di carburante viene riscaldato sempre di più fino ad essere portato ad un valore di temperatura e pressione al quale possa essere “acceso” e dar luogo ad una reazione di Fusione nucleare. Se la macchina avesse i giusti parametri dimensionali e di funzionamento la reazione si autososterrebbe e sarebbe in grado di produrre più energia di quanta non ne serva per far funzionare il reattore stesso.
Un risultato come questo, in pratica, significherebbe che dal giorno alla notte l’Umanità avrebbe definitivamente risolto i suoi problemi di approvvigionamento energetico e di inquinamento ambientale. Col passare del tempo però la strada per raggiungere questo obiettivo è parsa tutt’altro che agevole. Molta della Fisica del Plasma ad alta energia andava letteralmente ancora scritta e quindi, prima, ricercata e sviluppata per non parlare, poi, degli enormi problemi di ordine ingegneristico che cominciavano ad affliggere le macchine Tokamak le quali, a loro volta, diventavano sempre più grandi e costose. Le condizioni ambientali sempre più estreme che si dovevano creare all’interno della macchina perché si potesse un giorno arrivare alla tanto attesa “ignizione” del Plasma ed alla produzione di energia elettrica economicamente conveniente hanno fatto lievitare i costi delle macchine a tal punto che per realizzare ITER, la più grande macchina Tokamak del mondo, si sono dovuti consorziare UE, USA, Russia, Giappone, Cina, India e Corea del Sud perché nessuno di loro, singolarmente, poteva sostenere i costi del progetto. Ad oggi e dopo sessant’anni di ricerca ITER è ancor ben lontano dal raggiungere il suo obiettivo primario : dimostrare che la tecnologia Tokamak sia in grado di accendere il Plasma e mantenere una reazione di fusione nucleare in grado di auto sostenersi e produrre più energia di quanta non serva per farla funzionare.
Ed ecco risuonarci di nuovo in mente le parole del buon Winston e allora ci chiediamo se non sia possibile ottenere lo stesso risultato di ITER in modo più economico e veloce e, per quanto la cosa possa lasciarci stupefatti, cercando troveremmo che la risposta a questa domanda è sì !
Paolo Gentili