Ormai, i terremoti in Italia sono sempre più frequenti.
Secondo gli esperti dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), a nord est la placca adriatica spinge verso l’Europa correndo sotto le alpi, mentre a Sud, la placca inizia ad innalzarsi.
Ma per molti, le cause dei sempre più frequenti terremoti nel nostro paese, non sono solo dovute alle così dette “calamità naturali”, ma all’impiego sempre più frequente delle pratiche di fracking (perforazioni idrauliche che, una volta arrivate in profondità, piegano parallelamente al terreno e scavano canali sotterranei che vengono poi riempiti immettendo liquidi ad alta pressione: acqua e composti chimici di cui non sempre è chiara la reale composizione).
Questo sistema, il fracking, viene utilizzato dalle grandi multinazionali che hanno ottenuto le concessioni sul territorio italiano (Texane, Britanniche e Eni Italia) per ricercare nuove fonti di gas naturale da sfruttare.
In Italia infatti, il nostro territorio, è stato venduto per anni agli interessi delle grandi multinazionali con solo scopi economici. Il Governo Italiano, ha affidato loro, la concessione di utilizzare la tecnica del fracking.
I geologi americani, hanno già provato il legame che esiste fra il fracking e i terremoti.
Già nel gennaio dell’anno passato, la Professoressa Maria Rita D’Orsogna, in un intervento al Senato, apriva un interessante dibattito sulla questione dei terremoti in Italia:
“Abbiamo il dovere di occuparci attivamente di quanto stanno per fare le multinazionale texane, britanniche ed Eni All’Italia. Non sapere cosa hanno in serbo per noi queste multinazionale di rapina può essere per noi letale, disastroso per il nostro futuro, per l’incolumità della nostra popolazione, per l’ambiente in cui viviamo, per l’Italia stessa. Ricordiamoci che al peggio può non esserci fine certa, è bene che non arriviamo troppo tardi un’ennesima volta. Vogliamo tutti. E’ bene infine che si sappia che la sovranità sui terreni italiani è stata appaltata sempre alle multinazionali sopra descritte esautorando di fatto la sovranità di comuni, provincie e regioni sul loro territorio di pertinenza”.
Infatti, tale attività altera lo stato della crosta terrestre in modo da anticipare (triggerare) i terremoti in Italia e quindi, l’attività estrattiva di idrocarburi è ben conosciuta come una causa che può alterare la crosta in modo da triggerare appunto i terremoti.
L’immissione di liquidi ad alta pressione nel sottosuolo, altera lo stesso e l’incremento prolungato della pressione dei liquidi immessi provoca una diminuzione della resistenza della roccia che sotto la pressione di forze naturali ne agevola la rottura generando un terremoto.
A comprova di ciò, dopo che nel 2011 la città di Youngstown è stata colpita da circa una dozzina di terremoti, l’Ohio ha sospeso le operazioni di cinque pozzi utilizzati per il fracking e le autorità dello stato di New York hanno proibito di utilizzare questo metodo per l’estrazione, nei bacini idrografici delle grandi città.
Si dice che i terremoti in Italia, siano avvenuti, avvengano, tutti in zone che sono state interessate dalle pratiche del fracking.
Le numerose trivellazioni di questi anni, nelle zone comprese tra le province di Modena e Ferrara, sono una prova di come il fracking influisce sui terremoti in Italia. Infatti, proprio in queste zone si ha un’alta concentrazione di epicentri di numerose scosse.
Dopo lunghe battaglie anche nel nostro paese, forse siamo arrivati al bando del fracking. Nei mesi scorsi infatti, la Commissione Ambiente della Camera ha approvato una risoluzione che esclude da subito ogni attività legata al fracking. Con questa decisione l’Italia si allinea con altre nazioni Europee, tra cui la Francia, che già nel 2011 aveva vietato il fracking. Nei Paesi Bassi la società petrolifera olandese Nederlandse Aardolie Maatschappij ha ammesso in un comunicato dell’aprile di qualche anno fa, di aver causato tutti questi sismi e ha stanziato cento milioni di euro a risarcimento di tutti i cittadini che avevano subito danni durante gli ultimi terremoti.
Recentemente, sembrerebbe però che il Ministro per lo Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, ad un convegno a Bruxelles dello scorso 5 novembre, si sia espresso a favore di “Shale gas” (un metano che costa meno di un terzo ma che per essere estratto necessita della pratica di fracking). Naturalmente, la notizia, che ha provocato forte indignazione e dure repliche da parte soprattutto di Legambiente, è stata smentita subito dopo dallo stesso Ministro Zanonato, ma sono tanti i dubbi che restano.
Anche Papa Bergoglio recentemente si è espresso a favore della cessazione delle pratiche di fracking.
Attorno all’estrazione di gas oltretutto, in Europa sembra ci sia addirittura un vuoto legislativo.
Infatti, non è obbligatorio dichiarare se nel processo di fracking si usano sostanze pericolose, non viene definito nemmeno come trattare le acque di scarico del fracking. Sono tante le mancanze che riguardano proprio la regolamentazione del fracking per l’estrazione di idrocarburi e tanti anche gli interessi economici purtroppo in gioco.
Sabrina Stoppa