Ibernazione umana? Al via la sperimentazione
Tenere in vita i pazienti sospendendo o meglio rallentano le funzioni vitali di un individuo mediante mezzi esterni, senza però causarne la morte. Dilatare il tempo a disposizione dei chirurghi per portare a termine un intervento salvavita.
Stiamo parlando della tecnica nota come “animazione sospesa”, il passo prima di una vera e propria ibernazione, la conservazione del corpo al riparo dall’”usura del tempo” tramite processi medici standardizzati.
Il nome evoca scenari da film, ma la sperimentazione è in fase avanzata. La messa in pratica clinica di questo metodo rivoluzionario sta avvenendo al Presbyterian Hospital UPMC di Pittsburgh, in Pennsylvania, negli Stati Uniti.
La procedura prevede la sostituzione del sangue con una soluzione salina, in modo da scongiurare il rischio di ipossia nel cervello e nel cuore: così facendo, la temperatura corporea scende a 10 gradi dopo circa 15 minuti, fermando la respirazione, l’attività cerebrale e quella del sistema cardiovascolare. Il paziente in questo modo si trova sospeso tra la vita e la morte, al riparo dai danni celebrali, e in attesa di essere risvegliato.
Il coordinatore della ricerca Samuel Tisherman ha dichiarato a Scientific American: “Quello che vogliamo fare è sospendere la vita, ma preferiamo non chiamarla ‘animazione sospesa’ perché suona troppo fantascientifico, se un paziente arriva due ore dopo la morte non si può fare nulla, ma se sta morendo e si può interrompere il processo forse c’è una chance per lui”.
Una volta attuata la sostituzione del sangue, il metabolismo delle cellule del paziente tende a rallentare grazie alle basse temperature. Al termine dell’operazione, il sangue viene rimesso in circolazione per riportare a livelli normali la temperatura corporea.
La tecnica è stata già testata con successo sui maiali nel 2002 dall’Università del Michigan: al termine dell’intervento le cavie si sono svegliate senza problemi neurologici, in qualche caso senza bisogno di defibrillazione.
Al momento non è chiaro per quanto tempo il corpo possa rimanere in animazione sospesa senza avere danni: ”Noi stiamo cercando di salvare vite – spiega Tisherman – non di impacchettare le persone per mandarle su Marte. Forse un giorno qualcuno scoprirà qual è il limite, ma ci vorrà ancora molto tempo”.
Se la tecnica si rivelasse un successo i suoi usi potrebbero essere molteplici.
Il metodo potrebbe essere adottato da altri trauma center inoltre una volta perfezionata anche la strumentazione e i fluidi utilizzati si potrebbe tentare un’animazione sospesa fuori dagli ospedali. Per esempio in teatri di guerra: “l’esercito americano potrebbe essere interessato” ha dichiarato lo stesso Thisherman. E il futurò come spesso avviene gli usi medici e militari potrebbero essere traferiti al campo civile, con tutte le conseguenze del caso.
La differenza con la criopreservazione. L’ibernazione umana, è sicuramente una cosa diversa. Nota con il termine di criopreservazione, consiste nel tentativo di conservare nel tempo il corpo di una persona mediante il veloce abbassamento della temperatura fino a raggiungere valori vicini allo zero assoluto. Lo scopo sarebbe quello di “scongelare il corpo” a distanza di anni, mantenendo inalterata l’integrità dei tessuti, degli organi vitali e del cervello e poter fermare il tempo.
La pratica è ancora una chimera scientifica ma i sostenitori dell’ibernazione umana sostengono che bisogna finanziare la ricerca, anche a costo di fallire.
Il ragionamento alla base è semplice: ”la probabilità di resuscitare un corpo ibernato, per quanto piccola, è sempre maggiore della probabilità di resuscitare un corpo distrutto dal tempo trascorso sotto terra anche una infinitesima probabilità vale l’investimento economico necessario per procedere con la tecnica di crioconservazione”.
Il mercato della biostasi. Come in tutti i campi, l’ibernazione umana ha rapidamente scalato la vetta dello sfruttamento commerciale.
Esistono alcune società in Europa ma soprattutto negli Stati Uniti, che promettono di effettuare l’Ibernazione umana, (criopreservazione, biostasi o come la si voglia chiamare) dietro un lauto compenso.
E’ una pratica consentita dalla Legge. Il corpo di pazienti terminali, dopo la morte viene preso in consegna. Si procede con l’abbassamento della temperatura corporea di persone dichiarate legalmente morte, fino al raggiungimento della temperatura dell’azoto liquido.
A quel punto la decomposizione si ferma e la speranza è che, in futuro, sarà possibile riportare in vita tali persone, nonché ripristinarne la condizione giovanile e di salute, tramite sufficientemente avanzate procedure scientifiche. Una persona mantenuta in tali condizioni è considerata un “paziente criopreservato”, in quanto nelle intenzioni ottimistiche dei fautori di questa tecnica, l’essere umano non è considerato come realmente “morto”.
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