Il caffè è da sempre una tradizione, una cultura nelle famiglie italiane.
Il nostro è considerato in tutto il mondo il caffè per eccellenza, non esiste posto al mondo in cui si beva un caffè migliore del tradizionale e rinnomato caffè italiano.
Quella del caffè sospeso è sempre stata un’abitudine dei Napoletani.
L’usanza risale a metà ottocento, periodo in cui, si usava lasciare il così chiamato “sospeso”. Una persona entrava in un bar e ordinava un caffè, ne prendeva uno e ne paga due o tre. Quelli in più, pagati e non bevuti, erano per coloro che non avevano la possibilità di pagarselo e che così facendo, usufruendo del sospeso, potevano comunque gustarsi un’espresso della famosa tradizione partenopea.
Poi, con il boom economico la tradizione del sospeso venne quasi dimenticata. Fino però ad arrivare ai giorni nostri dove, a causa della forte crisi economica in cui versa il nostro bel paese, sta piano piano riprendendo considerevolmente piega in tantissimi bar di tutta Italia permettendo così a coloro che non possono permettersi di pagarsi il caffè, di berlo comunque.
Nel 2008 lo scrittore Luciano de Crescenzo ha raccolto in un suo libro una serie di articoli di giornale e di considerazioni, proprio sul tema del caffè sospeso.
Oggi, in epoca moderna, questa pratica, conta parecchie associazioni, bar, festival che ne hanno abbracciato la causa in tutta la penisola italiana e via via, anche molti paesi quali Belgio, Spagna, Svezia, Brasile, stanno aderendo al caffè sospeso per mettere a tutti in tempi di crisi di poter bere un caffè.
Molti gestori che aderiscono al caffè sospeso scrivono su una lavagnetta esposta il numero di caffè sospesi disponibili cancellandoli mano a mano che vengono consumati.
Quello del caffè sospeso non è soltanto un semplice caffè ma anche una pratica di altruismo e generosità verso chi è meno fortunato e andrebbe ampliata anche ad altri campi includendo magari anche beni di prima necessità come per esempio il pane, la frutta.
Sabrina Stoppa