Intervista a Carla de Falco

999953_10151920024169639_1512260978_nContinuano le interviste ai vincitori della scorsa edizione di Alexandria Scrittori Festival (anno 2013).
Oggi parliamo della vincitrice poesia edita, Carla de Falco, con la sua opera “Il soffio delle radici” (Laura Capone Editore).

1) Mi racconti brevemente qualcosa di lei. Magari utilizzando non più di dieci parole.
Non auspico porti definitivi: amo gli arrivi che impongono ripartenze.
Sono giusto dieci. Le basta davvero?

2) Lei è la vincitrice della sezione “Poesia Edita” dell’AlexandriaScriptoriFestival 2013 con l’opera “Il soffio delle radici”. Com’è nato, il suo libro? Qual è stata la poesia che ha sancito il suo inizio?
Il libro è nato come volontà di dare forma, ordine e sistema ad una serie di spunti letterari ed ispirazioni interiori accumulati negli anni. L’ho scritto dunque per esigenza, per bisogno di condividere avvenimenti ed impressioni di quarant’anni di vita, di studi, di incontri e di emozioni. Scrivere, in fondo, è dialogare. La prima poesia è stata radici (che apre il libro e ne ha ispirato il titolo) quasi a dire che la parola poetica, se è potente, è compagna fedele alla riscoperta delle origini e diventa capace di fecondare il futuro ed esserne radice, appunto.

3) Ho letto alcune poesie che parlano del Sud e in esse ho visto qualcosa di nostalgico, ma, allo stesso tempo, vivo. Come riassumerebbe la passione che scaturisce dai suoi scritti? Quanto peso ha, nelle scelte della sua vita?
Credo che le proprie origini siano per ogni uomo una frontiera, che separa almeno due orizzonti possibili. Conformarsi o divergere? Appartenenza o erranza? Nella mia poesia si legge chiaro il senso d’ identità e d’attaccamento alla terra del Sud, con tutto un disperato vissuto senza riscatto. Il Sud mi rapisce da sempre, coi suoi colori caldi, dal rosso del sangue al marrone del caffè e costringe anche il mio lettore ad un viaggio difficile, perché quello che sopravvive sembra offeso per sempre. Il Sud te lo porti dentro, come un marchio a fuoco.
La passione non ha “un” peso nelle mie scelte. “È” la mia scelta.

cdf042d738925fa787e744d29536aba3-27286-d41d8cd98f00b204e9800998ecf8427e4) Come nasce la scelta di scrivere senza usare maiuscole e punteggiatura, se non ridotta al minimo indispensabile?
L’assenza delle maiuscole sta ad indicare che la poesia è un discorso continuo e ininterrotto, che esistono i punti, certo, ma che le lettere sono tutte uguali, senza sovrapposizione di importanza, come se il racconto fluisse senza doversi mai fermare. Non solo dal punto di vista formale, dunque, la mia poesia è tutta scritta in minuscolo. Questo equilibrismo semiotico, che implicitamente richiama lo sperimentalismo di avanguardisti come Cummings, sottintende un significato specifico: a dispetto di ogni indifferenza, la poesia resiste. Non ha più toni alteri, non “significa”, non va a capo, non inizia, non termina e non ha mai interrotto il proprio incessante e fecondo dialogo interiore con le generazioni. Solca la poesia, come un aratro. E dormono i semi di molte promesse future, in quei solchi. Tornerà un giorno la fase delle messi e, forse, anche il tempo delle maiuscole.

5) Le dico solo una parola: rosso. Mi scriva ciò che collega questo colore alla sua opera.
La lettura del mio testo (rosso sin dalla copertina) può essere un’esperienza intensa e dolorosa. In un mondo conformista e privo di colore, sulla tela bianca della poesia s’iscrivono i segni caratteristici dell’esperienza individuale, solcata dai colori densi che compongono il quadro di realtà inconfondibili, come quelli della terra, con il rosso fuoco acre / del sangue dei macelli, dove convivono sacralità e oscenità, con il giallo dei fiori feroce e infernale / di zolfo e di radici, con l’odore caldo bruno del caffè che sembra arrivare ovunque, fino alle fabbriche, alle carceri / alle circonvallazioni, fin dove il topazio del mare / profuma la notte nera.

6) In alcune sue poesie, sembra che lei stia parlando di tele dipinte che diventano parole. Quali collegamenti ci sono, nella sua vita, tra pittura e poesia?
Non so dipingere, se non con le parole. Ma credo che l’arte sia tutta sinestetica e che la sensibilità dell’artista non possa mai prescindere dai vari linguaggi della bellezza: quello letterario, quello figurativo e quello musicale. Viviamo un tempo multimediale e ci siamo ormai abituati a forme d’arte contaminate.

7) Mi rifaccio ad un suo brano e le chiedo: com’è, la voce di un poeta?
Calda. Sa di pane.
In un tempo nel quale non gli si riconosce più autorità nel parlare, credo che il poeta da solo abbia voce per difendere la bellezza e cantare la vita, con le sue piaghe aperte e con le sue frontiere esposte ad invasioni ed incertezze. La voce della poesia è l’unico antidoto alla barbarie. E non perché il poeta abbia un occhio diverso dal comune, ma perché ha il coraggio di fermarsi a prestare voce ai sogni. Non corre, non urla, non svela nulla di più il poeta.

1462899_612967985426299_1714114093_n8) C’è una poesia che vorrei raccontasse. Il titolo è: “secondigliano”.
Secondigliano è un quartiere “difficile” e di forte disagio sociale, alla periferia nord di Napoli. Lì c’è, tra le altre cose, un carcere. Nella poesia si racconta (e si tace) di un gruppo di donne, ferme in un punto della strada che conduce alla prigione e dal quale, per uno strano effetto acustico, le parole riescono a giungere sino agli uomini chiusi nelle celle.

9) Nelle sue poesie si parla di molte cose, ma l’amore è visto soprattutto come qualcosa di legato alla maternità. Ne “la risacca”, lei scrive: amami o non amarmi. tanto… chi mai ha mai amato tranquillo?. Vorrei comprendere meglio il significato di queste parole.
L’amore ha molte forme. Quella genitoriale è una delle più assolute e totalizzanti. Ma alcune forme d’amore sono parziali ed anche malate. Pensi alle grandi amanti di ogni tempo, come Medea o Ofelia… La risacca è una poesia sull’amore rubato, traditore, affamato. Il verso che lei citava è una libera rilettura di Ovidio. Chiude la poesia e ne rivela il senso, che è il seguente: chi ama a danno di altri, spesso, vive di aspettative ed è consapevole che esse possono essere deluse. Eppure questa consapevolezza non è, né può essere, motivo di resa. Mai. Perché le grandi passioni turbano e minacciano ogni comodità ed ogni equilibrio. Questo è il loro prezzo, per chiunque.

10) Chi o che cos’è un artista, secondo lei?
L’ artista è una brace che ustiona anche le coscienze più indifferenti. Come molti incendi, l’arte nasce in limine, tra arbusti dimenticati e – diciamo così – fuori controllo. È artista oggi chi sa difendere un’idea, la dignità di un sogno e le emozioni, rinunciando ad ogni centralità sociale. L’essere donna, in tal senso, paradossalmente aiuta. Ahimè.

Paola Elena Ferri

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