Intervista a Lorenzo Praticò

photoIntervista a Lorenzo Praticò – Vincitore del testo teatrale inedito: “Sant’Elena. Diario incompleto di un esilio mancato” di Lorenzo Praticò. presso il concorso Alexandria Scrittori Festival – edizione 2013.

Ringrazio subito l’autore per avermi concesso la possibilità fare qualche domanda.

1) Parliamo in breve di Lorenzo Praticò: chi è e come ha percepito il desiderio di diventare attore?
Sono un attore e (da qualche tempo) autore calabrese di 37 anni, innamorato perdutamente del teatro sopra ogni cosa. Ho cominciato la mia formazione alla compianta Accademia d’Arte Drammatica della Calabria e poi ho proseguito nella ricerca e nello studio attraverso laboratori con Serena Sinigaglia, Sergio Rubini, Emma Dante, Peppino Mazzotta (anche lui ha studiato in Calabria) e per quanto riguarda la scrittura Nino Romeo. Molto importanti sono stati gli anni nella compagnia di prosa di Mariano Rigillo, che considero uno dei miei maestri, e gli incontri umani e artistici con Carlo Orlando e Gaetano Tramontana. Ho capito di voler diventare un attore quando a quattro o cinque anni vidi Gigi Proietti in A ME GLI OCCHI PLEASE. Quello strano uomo diventava mille persone diverse e raccontava storie a cui nessuno riusciva a restare indifferente. Sarei diventato quello, era deciso. Bè, non sono proprio Proietti ma attore sì.

2) Nel suo curriculum, leggo molti titoli di opere appartenenti a Shakespeare. Siamo davvero “di natura uguali ai sogni”, secondo lei? O sono parole riconducibili solo all’artista, visto che ne La Tempesta, Prospero è lo stesso autore e le arti magiche non sono che una metafora della sua creatività?
Shakespeare raccontava spesso di un uomo che lottava per la realizzazione di un sogno, a volte tragico e distruttivo come quello di Iago, a volte magico e creativo come quello di Prospero ma comunque sapeva con precisione di cosa stava parlando e infatti sono passati i secoli e continuiamo a usare le sue parole e , in qualche modo, a sognare i suoi sogni. Credo che la potenza di realizzazione del sogno sia il più grande potere dell’essere umano in generale. Pare che Walt Disney fosse convinto che “se puoi sognarlo, puoi farlo”. Forse l’artista lo applica solo in modo più palese.

3) Come si prepara, prima di affrontare un ruolo? Come riesce ad entrare nella psicologia di un personaggio?
Di solito cerco di conoscere la storia di quel personaggio e se non ne ha una, la invento. Mi aiuta immaginare come e dove vive. Come ama, come odia. Quello che lo esalta e quello che lo spaventa. Poi cerco le cose che ci accomunano e quelle che ci dividono per coprire le lacune tra me e lui. Diciamo che cerco di coprire le differenze indossando “pezzi suoi”. Infine cerco di indossare il suo corpo, come cammina, come sta seduto, come ascolta.

4) Nell’opera che ha presentato all’Alexandria Scriptori Festival 2013 non ho potuto fare a meno di notare la presenza di molti personaggi esterni a chi svolge l’azione. Che cosa la incuriosisce, nella gente? Che cosa la colpisce, prevalentemente, di una persona, qualsiasi essa sia?
Nella e della gente m’incuriosisce tutto. Davvero. Certe volte m’immagino di seguire una persona incrociata per strada per vedere cosa fa. Dove abita. Come passa il tempo. Quali sono le persone importanti della sua vita e perché. Oppure mi capita quando viaggio in treno, passando magari vicino a qualche casa, di sbirciare attraverso le finestre e vedere pezzetti di vita, pezzetti di storie, e non riesco a non domandarmi “come andrà avanti?”. Il personaggio di una cosa che sto scrivendo ha questo strano potere grazie al quale riesce a vedere tutti i possibili sviluppi della vita degli altri, della loro storia. Ogni bivio e ogni possibile finale. Credo dipenda dal fatto che mi piacciono le storie delle persone. Mi piacerebbe essere come il Mr. Gwin di Baricco che riesce a raccontare l’essenza delle persone dopo averle guardate per un mese e mi ritrovo spesso come il protagonista di E’ finito il nostro carnevale di Fabio Stassi che dice “ Mi nascondevo dagli amici, è vero, ma a volte mi prendeva una tenerezza insopportabile verso le donne. Un impulso a fermare la prima che passava per strada, solo perché ero sicuro di averla afferrata con uno sguardo, lei e la sua intera esistenza. Una follia che mi spingeva a chiedere un abbraccio e un bacio a un’infinità di sconosciute.” C’è questa cosa, dell’afferrare un’intera esistenza con un solo sguardo, che m’innamora del mondo senza curarmi del genere. Di una persona mi colpisce quello che si porta addosso e dentro. Quello che trapela dallo sguardo e da come si muove. Da quello che dice e da come lo fa. Al Pacino ne L’avvocato del diavolo si definisce un umanista in quanto totalmente interessato al genere umano ed è così anche per me.

5) Mi è piaciuto molto l’estratto “14 agosto 2006” (sempre parlando dell’opera presentata al concorso). E’ così che un artista vive la fusione di due anime o è così che ogni essere umano dovrebbe o potrebbe fare, secondo lei?
Non credo sia un tipo di fusione ad appannaggio esclusivo degli artisti. Diciamo che immagino che è così che mi piacerebbe che fosse. Dico immagino perché, a rischio di risultare cinico o patetico, non sono mai stato con una donna della quale fossi perdutamente innamorato quindi non ho un’esperienza reale di cosa si provi. Anche se tra amici e parenti si mormora che anche quando incontrerò la donna perfetta, il mio istinto alla fuga e alla libertà continuerà a regnare sovrano. Io dico che è una storia ancora da vivere e da raccontare.

6) Che cosa l’ha spinta a scrivere questa sceneggiatura? Qual era l’intenzione di fondo che l’ha portata a voler comunicare questi stralci di vita?
Vivevo, con tre amici e colleghi, in un bellissimo appartamento al centro di Roma, proprio attaccato a Largo di Torre Argentina. Non avevamo balconi ma solo tre grandi finestre e appollaiato su una di queste ho passato la maggior parte del mio tempo in quella casa. C’era tutta questa vita che si muoveva sotto e intorno, che premeva e gridava, e mi sembrava così vera e bella da aver sentito forte la necessità di raccontarla. Quasi tutti gli episodi che racconto in Sant’Elena sono veri, alcuni li ho dovuti solo raccontare e altri li ho, diciamo, leggermente rimodellati.

7) Il diario della sua vita ha trovato una sua conclusione? O pensa di non aver ancora raccontato ciò che – fondamentalmente – ogni attore racchiude nella sua anima?
Fortunatamente nessuna conclusione. Un attore, forse più di altri uomini, ha necessità di trasformarsi e cambiare e imparare. Penso di essermi raccontato in un dato momento, alcune parti di quel racconto sono ancora vive, altre sono state sostituite o hanno preso strani percorsi.

8) Che cosa spinge un attore a scrivere e non solo ad interpretare un ruolo? Parliamo di lei, in questo caso.
La necessità di raccontare da una parte e quella di un teatro più simile a me dall’altra. Recitare per me è un bisogno, come respirare, mangiare o fare l’amore. A volte si ha bisogno di fare queste cose in un certo modo. Quel certo modo non riuscivo a trovarlo pienamente in quello che vedevo o che leggevo. Con una buona dose di imprudenza e forse di presunzione sto muovendo i primi passi per provare a trovarlo in me. E vorrei precisare che non è un problema di bellezza o profondità, piuttosto di “giustezza”.

9) Chi o che cos’è, un artista, secondo lei?
Un artista è qualcuno capace di farti vivere il mondo attraverso i suoi “occhi” anche solo per un momento. Che questo vivere passi attraverso uno qualunque dei cinque sensi, dal cuore o dal cervello e indifferente. Un artista dovrebbe essere portatore di principi creativi e non distruttivi , magari innovativi. Un artista produce “bellezza” e che sia allegra, tragica, inconsueta o conturbante non importa. Produce vastità direbbe Bergonzoni. E infine, secondo me, un artista ti dà pensieri, inteso come cose a cui pensare. Chi non pensa è condizionabile e non ha potere. Sempre Bergonzoni dice che è una grandissima bestemmia sentire dire “vado a teatro per non pensare”. Ecco, secondo me vale per ogni forma di arte.

10) Vuole ricordarci i suoi prossimi impegni?
Sarò in scena con Spingi e Respira, un altro mio testo, per alcune repliche in Calabria a fine mese, il 12 aprile e poi al Teatro Ringhiera di Milano il 25 maggio. Sempre in Calabria porterò, con Mimmo Martino e Mario Lo Cascio, 1861-La brutale verità scritto da Michele Carilli, una sorta di lezione-concerto sull’unità d’Italia e il brigantaggio visto dal Regno delle Due Sicilie. E spero di riuscire a mettere in scena Sant’Elena ma non diciamo altro per scaramanzia.

Paola Elena Ferri

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