Tempi duri per il giornalismo in Egitto – Questi ultimi tempi non sono tempi facili per i giornalisti in Egitto.
Nell’Accademia ON-TV, dove la prossima generazione di giornalisti televisivi egiziani verrà addestrata, c’è una teca di vetro con un cartellino che recita “Museo degli scontri.” Contiene tre scaffali di telecamere e microfoni che i giornalisti dell’Accademia hanno riportato indietro dopo le tante proteste che hanno imperversato al Cairo a seguito della rivoluzione del 2011.
La Press Emblem Campaign (PEC), ha messo al settimo posto l’Egitto nella lista dei luoghi più pericolosi per i giornalisti. L’organizzazione afferma che cinque giornalisti sono stati uccisi e almeno ottanta detenuti negli ultimi due anni.
Recentemente, l’attenzione internazionale è stata attratta dalla vicenda di venti giornalisti, per lo più affiliati alla rete Al Jazeera, che sono stati arrestati a dicembre con l’accusa di numerosi reati, tra cui aver “rovinato” la reputazione dell’Egitto, affermando di essere uno dei primi paesi ad aver aiutato e che continua ad aiutare i terroristi. A seguito di queste affermazioni sono stati trattenuti in condizioni disumane, senza un giusto processo, per più di due mesi.
Il caso ha provocato, la settimana scorsa, una grande mobilitazione di gruppi internazionali per i diritti umani, ma le proteste in Egitto non sono servite a nulla, e non solo a causa della forte repressione sui giornalisti nel paese. Gli egiziani hanno una visione diversa di Al Jazeera rispetto ai loro colleghi stranieri. “L’uomo medio egiziano afferma con sicurezza che Al Jazeera é affiliata ai Fratelli Musulmani. Non c’è dubbio.”
Anche i giornalisti apertamente critici nei confronti dell’attuale governo egiziano e la presidenza imminente di Abdel-Fattah el-Sissi, criticano il comportamento di Al Jazeera in seguito alla cacciata di Morsi. Il canale del Qatar, in particolare la sua rete araba e la sua propaggine egiziana, è stato bandito e respinto da molti in Egitto (e in molti Stati del Golfo), ritenuti tirapiedi dei Fratelli Musulmani, l’ organizzazione responsabile di numerosi attacchi terroristici.
Mahmoud Salem, commentatore satirico del Daily News Egypt, è un amico di Mohamed Fahmy, uno dei giornalisti di Al Jazeera sotto processo.
“Prima di essere arrestato ho parlato con lui molte volte, dicendogli di smettere. Ho parlato con molti dei miei amici giornalisti, e ho chiesto loro se considerano Al Jazeera “giornalismo” e tutti hanno risposto in maniera diversa, ma sempre titubante. Poi ho chiesto se volevano lavorare per Al Jazeera e mi hanno detto di no, perché se proponi una storia, questa non avrà mai la stessa credibilità che se venisse pubblicata su qualsiasi altra testata giornalistica.”
La reputazione di Al Jazeera è scesa drammaticamente dopo che il canale ha mostrato le immagini di manifestazioni anti-Morsi, presentandole come fossero manifestazioni a favore di Morsi.
Il Governo ha ritirato subito dopo le licenze e ha chiuso i loro uffici e quando i giornalisti hanno continuato a lavorare senza licenza il loro arresto è stato praticamente inevitabile.
Il ministro egiziano dell’Economia, Mounir Fakhry Abdel Nour, ha recentemente ammesso alla BBC che arrestare i giornalisti è stato “Un grosso sbaglio”. E come sottolinea Salem, il governo deve rendersi conto che questo processo ha danneggiato esclusivamente la propria immagine.
La rubrica più recente di Salem è dedicata alla satira spietata contro el -Sissi. Molte le telefonate di apprezzamento e di conforto dopo la prima pubblicazione.
La paura serpeggia incessantemente tra i giornalisti, soprattutto quella di scrivere su argomenti che l’esercito egiziano potrebbe censurare immediatamente.
Muhammad Mansour, un giornalista dell’ Egitto indipendente, sta attualmente indagando sulle uccisioni avvenute a Mohamed Mahmoud Street, quando i cecchini hanno attaccato volontariamente i manifestanti.
“Argomenti del genere sono troppo scottanti. Gli autori verranno immediatamente presi e il verdetto contro di loro sarà durissimo. Temo la pubblicazione, ma non la scriverò in inglese: la maggior parte degli egiziani non legge in inglese e penso che il governo sia disinteressato ai media di lingua inglese”.
Nel frattempo, c’è un certo risentimento tra i giornalisti egiziani sul modo in cui i media stranieri rappresentano l’ Egitto.
“La società egiziana viene rappresentata da due blog su Facebook e Twitter. Non più dalle testate ufficiali. Bisogna spostarsi, camminare per la strada, chiedere informazioni alla gente.”
Il punto di vista popolare è che el-Sissi stia portando al paese stabilità. La libertà di stampa è ancora meglio di quanto non fosse sotto Mubarak. Prima della rivoluzione era, per esempio, un problema girare per le strade.
“Sono stato arrestato tre volte ma ora è possibile scattare fotografie ovunque. Stiamo difendendo quello che è successo il 30 giugno (la cacciata di Morsi e dei Fratelli Musulmani), perché ci piace quello che è successo il 30 giugno.”
Anche se la realtà non è chiaramente tutta rose e fiori, il supporto dato ai giornalisti egiziani è di fatto intrappolato in una ragnatela di pregiudizi. “Io non rispetto i media egiziani e in qualche modo. Al Jazeera Arabic (distinto da Al Jazeera International) è come una macchina di propaganda quando si parla di Egitto, si schiera dalla parte dei Fratelli Musulmani e ignora tutto il resto.”
Eslam el-Qady, un coordinatore del corso presso l’Accademia ON, pensa che l’Occidente si stia altrettanto polarizzando: “I media occidentali si concentrano su alcuni concetti e i media orientali fanno lo stesso su altri. Allora chi ha ragione? Non c’è oggettività.”
Anthea Favoriti